La democrazia di Twitter: Trump bandito per sempre

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L’uccellino mannaro ha ululato: è per sempre. Il bando di Twitter per Donald Trump è per sempre “e non si può aggirare”. Cambiasse indirizzo, tintura dei capelli, moglie, non c’è niente da fare: su Twitter non ci torna, dovrà vivere senza, se ci riesce. Fine della tragggedia, così parlò Ned Segal, che sarebbe il chief financial del social del barbetta Jack Dorsey, insomma quello che fa girare i soldi. La colpa di Donaldone? Esistere, semplicemente. Tutto il resto è conversazione. Risibile l’accusa di aver fomentato attacchi alla democrazia, avere organizzato l’invasione di Capitol Hill, quello che proprio all’uccellino pettegolo non va giù è che Trump ci sia e continuasse a cavalcare l’uccellino per i suoi messaggi. Così Twitter gli ha fatto un processo kafkiano, imputazioni senza presupposti, accuse senza difesa, condanna senza appello. E ora se ne vanta. In nome della democrazia, ma più che altro alla faccia della medesima.

I due pesi, due misure dell’uccellino

Se ne vanta, l’uccellino padulo: “Gli stop sono permanenti”, “si è rimossi a prescindere”, “non conta se sei un commentatore, un direttore finanziario, un funzionario pubblico ex o in carica”. E qui scatta la prima colossale bugia: conta, eccome se conta. É proprio il sistema, e Twitter sul sistema pratica generose sviste; ricordate il Marchese del Grillo quando viene condannato da Sua Santità Pio VII per avere (apparentemente) truffato Aronne Piperno l’ebanista giudeo? “Comunque, Santità, io mi inchino alla vostra volontà, e sono disposto ad andare di buon grado in galera; purché in compagnia dei monsigori: Ralla, Patti e Bellardino; dei cardinali Fioravanti e Bucci; degli uditori di prima istanza Ardenghi principe di Colleterzo, Soffici duca di Sezze, del conte Under Von Kaipfer comandante della Guardia Svizzera, e dell’Abate di Santa Maria la Minerva…”. “E basta, oh!”. “Eeh, avoja, troppi ce ne so’!”. Naturalmente Pio VII, di fronte alla prospettiva di spedire ai ceppi “buona parte del Sacro Collegio e della Guardia Nobile”, soprassiede.

Ma Twitter mica è così clemente. Non soprassiede niente. Non vede i cinguettii del Black Lives Matter che carbura a violenza e intolleranza; non vede quelli oltre la faziosità tipo Nancy Pelosi, così come gli opinionisti più schierati del mainstream nazionale; non ascolta quelli di certe istituzioni cinesi che sparano una indecente propaganda sul social, attaccando subito chi la mette in discussione – e che subito si ritrova bloccato; non si scompone per la propaganda antioccidentale da emirati e sultanati; l’unica vergogna da rimuovere è l’ex presidente USA.

Haters nostrani

Anche qui da noi, provincia dell’impero, qualcuno potrebbe eccepire: io sono disposto di buon grado a levarmi dalle palle, purché in compagnia dei commentatori: Alessandro Robecchi che mette Giorgia Meloni a testa in giù alludendo a piazzale Loreto, Andrea Scanzi che subito lo retwitta, Selvaggia Lucarelli che sulla Meloni fa makeupshaming, di Alan Friedman che pratica sessismo contro la moglie di Trump, di Michela Murgia che paragona Salvini a un porco e gli addossa crimini da Hitler, dei virologi Lopalco e Burioni che si divertono col pupazzone di Trump massacrato dai BLM, dei colleghi sanoterroristi Galli, Crisanti, Pregliasco, Capua eccetera, dei figli di un cognome Amendola e Gassman che si scagliano contro chi non indossa mascherine del tutto inutili come ha fatto vedere Mario Giordano, dei furbastri che con la manfrina dell’odiare ti costa hanno il salvacondotto per odiare chi vogliono, degli apostoli del gender a 3 anni, dello storico militante (sic!) Eric Gobetti che mette in dubbio le Foibe, dell’Anpi che twitta da posizioni a sinistra dei formidabili anni; dei rottami del brigatismo vintage ancora arzilli e minacciosi; delle nuove leve da centro sociale che predicano guerriglia; dei relativi simpatizzanti; delle zoccole che su Twitter ci lavorano; dei pedofili che adescano i ragazzini; dei violenti che si vantano delle loro infami prodezze… avoja, troppi ce ne so’!

Invece tutti campano tranquilli, Twitter non solo si volta dall’altra parte ma è ben disposta a ricevere spiate e delazioni con cui intervenire sui miti o gli ingenui o i “negazionisti”. Sempre a senso unico e senza facoltà di difesa. Tanto che uno potrebbe pensare che sotto ci sia qualcosa, visto che Trump minacciava di far pagare le tasse a questi filantropi ad evasione globale totale incorporata; uno potrebbe anche pensare a un lievissimo conflitto d’interessi, visto che i social politicamente corretti hanno riversato cascate di dollari nella campagna elettorale di Joe Dormiglione; uno potrebbe perfino pensare che questi si siano appena montati la testa e oggi si credano in grado e soprattutto in diritto di tracciare loro i confini della democrazia, della libera espressione, della politica stessa. Con certa gente, tutto quello che puoi pensare è vero. Sia come sia, Twitter sta agendo al di fuori della legge. Perché non basta professarsi, quando fa comodo, una semplice compagnia privata, qui ci sono in ballo profili costituzionali e planetari.

Ma non è neppure questa la cosa più grave: è che Twitter manda a memoria la lezione marxista, fatta propria dai terroristi: colpiscine uno, bello grosso, per educarne 8 miliardi. Dopo Trump, segato a vita da Segal, nessuno sarà al sicuro dagli artigli dell’uccellino; è un modo per tenere chiunque sotto scacco e, in particolare, per educare chi non conosce un mondo senza i social, i post millennials, ad esprimersi, cioè a pensare, secondo le regole di Twitter, sentendosi sempre in colpa, controllati, esaminati. È l’autocensura, la forma di condizionamento più potente possibile. Ecco cosa c’è in ballo. Altro che Capitol Hill.

Max Del Papa, 11 febbraio 2021

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