Il catastrofismo del clima, che in questi giorni sta cavalcando l’alluvione che ha flagellato l’Emilia-Romagna, rappresenta a mio avviso una delle molteplici derive che interessano l’Italia da molto tempo. Tra queste vi è anche da segnalare quella mediatico-giudiziaria, in atto da alcuni decenni, in cui chiunque cada sotto la doppia mannaia degli inquirenti e dei giornalisti colpevolisti – la stragrande maggioranza – si becca una sonora condanna, assai spesso sulla base di semplici congetture trasformate in prove schiaccianti dalla stessa stampa compiacente.
Pensiero unico ambientalista
Negli ultimi tre anni e mezzo abbiamo poi assistito ad una impressionate deriva sanitaria la quale, per contrastare un virus banale per la grandissima parte della popolazione, ha imposto tutta una serie di limitazioni della libertà individuale che ancora oggi, a ripensarci, fanno letteralmente accapponare la pelle, tanto esse sono apparse odiose e assolutamente prive di alcuna ragionevolezza.
Ebbene, per venire al punto in estrema sintesi, tali derive, i cui effetti spesso non vengono né avvertiti e, di conseguenza, neppure dibattuti, si caratterizzano da un rilevante elemento in comune: la tendenza all’affermazione di ciò che comunemente viene definito pensiero unico. Una tendenza che si trova in antitesi rispetto al pluralismo delle idee e delle visioni, così come si conviene in una democrazia liberale civile ed evoluta.
Il dogma sul clima di Mario Tozzi
Tutto questo non significa, di converso, smentire in radice le teorie che sostengono il catastrofismo climatico – sarebbe da questo punto di vista altrettanto inaccettabile -, bensì semplicemente affermare la possibilità, affermata da studiosi portatori di diversi punti di vista, che non vi sia un preciso nesso causale tra alcune calamità naturale, come per l’appunto gli alluvioni, e la progressiva antropizzazione del globo.
Per approfondire
- Alluvione, i dati che smentiscono i catastrofisti del clima
- Franco Prodi sbotta: “Crisi climatica colpa dell’uomo? È una bufala”
- Alluvione in Romagna, chi sono i responsabili morali
Altrimenti, accettando come un dogma le verità rivelate di un Mario Tozzi qualsiasi, secondo il quale, come riporta il Fatto Quotidiano, le “siccità e i periodi di perturbazioni – sarebbero – due facce della stessa medaglia”, si finisce ancora una volta per trasformare la scienza, in questo caso quella climatologica, in un surrogato di religione. Surrogato di religione che abbiamo tragicamente sperimentato durante la lunga notte della pandemia, nella quale i pochi che hanno tentato di opporsi ai dogmi granitici di Speranza & company sono stati etichettati con l’infamante epiteto di negazionisti e condannati sostanzialmente agli arresti domiciliari qualora non avessero aderito all’ordine imperativo di vaccinarsi.
Caccia ai nemici del Globo
Ecco, io non vorrei che dai presunti untori del coronavirus, esaurito per forza di cose l’ingiustificato clima di terrore imposto a mezzo stampa, si passasse ai nemici dell’ecosistema; ovvero tutti coloro i quali non prendono per oro colato i nessi causali sbandierati dal citato Tozzi e dai suoi amici ambientalisti, molti dei quali acritici seguaci della confusa ragazza svedese che risponde al nome di Greta Thumberg.
Anche perché fenomeni anche più estremi di ciò che è accaduto oggi in Emilia-Romagna si sono susseguiti anche quando il mondo aveva ben altri problemi rispetto all’ossessione del riscaldamento climatico. Tant’è che un signore molto anziano che ancora vive nelle campagna interessate dall’alluvione, intervistato dal Tg4, ricordava che nel corso del lontano 1939 la regione fu interessata da una pioggia torrenziale durata quasi ininterrottamente per una quarantina di giorni, come se fosse una specie di diluvio universale in piccola scala. Personalmente, ero un ragazzino che frequentava la terza elementare, ricordo nitidamente le devastanti immagini del famoso alluvione di Firenze, con i suoi angeli del fango e l’accorato appello del celebre attore Richard Burton, all’interno di un toccante documentario diretto dal grande Franco Zeffirelli.
Per la cronaca, mentre oggi piangiamo giustamente le 14 vittime della valanga di acqua e fango che si è abbattuta in Emilia- Romagna, vorrei solo segnalare che l’alluvione che devastò il capoluogo toscano durò meno giorni, dal 4 al 6 novembre del 1966, e fece ben 35 morti. Così, tanto per avere un raffronto storico di ciò che, purtroppo, ogni tanto accade in Italia.
Claudio Romiti, 22 maggio 2023