Il morbo infuria, ragione per la quale anche nelle scuole si torna all’insegnamento da remoto. Ché, se permettete, primum vivere deinde philosophari (traduzione alla buona: intanto preoccupiamoci di conservare la ghirba che a tornare tra i banchi c’è sempre tempo).
Limiti didattica a distanza
E tuttavia una domanda sorge spontanea. Ma siamo così sicuri che la didattica a distanza funzioni? Che essa, magari inconsapevole preda di una paradossale eterogenesi dei fini, non finisca addirittura per danneggiare gli studenti? Non sono pochi gli osservatori convinti che la docenza da casa rischia di trasformarsi alla lunga in un preoccupante fattore di logoramento.
Una ricerca realizzata nella scorsa estate da Microsoft Italia in collaborazione con Perla Wattajob ha evidenziato come “stanchezza e stress sono le prime due emozioni legate all’uso della tecnologia che accomunano docenti e studenti”. Ciò conferma che questa modalità di apprendimento, pur indispensabile per far fronte all’emergenza pandemica “non possa sostituirsi completamente alla didattica in presenza che resta fondamentale e necessaria”.
Rincara la dose Daniele Novara, pedagogista di provata esperienza, il quale nel suo ultimo libro I bambini sono sempre gli ultimi (Rizzoli) spiega come “la didattica a distanza, ovvero la scuola dietro un monitor, non consentendo la formazione di una vera comunità di apprendimento che permetta il confronto in carne e ossa (l’assenza dei corpi impedisce quell’osmosi sociale alla base di tutti gli apprendimenti scolastici) non può essere la soluzione di tanti dilemmi della scuola”.
Studenti disattenti
Gli studenti insomma si stanno riducendo a “isolati fruitori del sapere” come scrive Alessandra Farneti nel suo Salve prof. Esercizi di sopravvivenza all’università (Marietti). Hikikomori della conoscenza privi di strumenti adeguati ed esposti, per soprammercato, alla deconcentrazione. A non dire dei disabili e delle enormi difficoltà cui essi vanno incontro. Non è tutto. L’insegnamento digitale potrebbe non garantire quel quantum di educazione e apprendimento necessari al raggiungimento di una preparazione degna del nome.
A parere di Alessandra Angelucci, autrice del libro Contatto. Rivoluzione di una scuola virale (Castelvecchi) il rischio maggiore a cui vanno incontro gli studenti costretti ad apprendere da casa è, infatti, quello di perdere l’attenzione e di finire nel gorgo della noia causa i tanti tempi remoti della giornata. Disattenti e annoiati, finiscono per imparare meno e peggio. In tali modalità di trasmissione del sapere, l’attività degli insegnanti, atto d’amore fisico e mentale per eccellenza, perde il suo senso, ossia la sua direzione il suo significato. Al punto che i docenti vengono ingiustamente percepiti come capri espiatori quando non addirittura come capre nell’accezione sgarbata del termine. “Il ruolo della capra – considera Farneti – finisce per ricoprire l’insegnante e il più delle volte mentre la panca è sopra la sua testa”. Il danno e la beffa.
Alberto Fraja, 28 ottobre 2020