Intervista al Conservatore del 23 ottobre 2016
Nicola Porro: vicedirettore del quotidiano nazionale Il Giornale, conduttore del programma televisivo Matrix su canale cinque, creatore di un blog dal nome molto suggestivo, “La zuppa di Porro”, e, da un paio di anni a questa parte, impegnato ogni mattina sulla propria pagina Facebook nella rassegna stampa sulle “migliori” notizie dei principali quotidiani nazionali. Nicola è anche imprenditore, infatti è molto legato al vino e all’olio che produce in Puglia nella tenuta di famiglia, “Rasciatano”.
Nicola si definisce nella propria biografia come liberale, liberista e decisamente libertario. Ed è questo il punto centrale del nostro articolo. Il 15 settembre di quest’anno Nicola ha pubblicato il suo libro “La disuguaglianza fa bene”, manuale di sopravvivenza per un liberista della casa editrice – tutt’altro che di destra – La nave di Teseo; il libro è già arrivato alla terza ristampa ed è primo in classifica già da diverse settimane su Amazon per i libri più venduti nella categoria economia, affari e finanza, e, ad opinione di chi scrive, successo più che meritato.
Lo diciamo subito, si tratta di un libro che va nella direzione opposta rispetto al ragionamento politicamente corretto di moda di questi tempi. Si tratta di un libro che ha poco più di 300 pagine, dove, con un linguaggio semplice e concisco, si riprercorrono i principali pensatori liberisti e liberali Italiani e Mondiali; analizza il pensiero liberista e libertario dal punto di vista economico ma anche politico, nonché sociale e culturale.
Nel proprio libro, Nicola Porro ripercorre il pensiero di moltissimi pensatori, come ad esempio Antonio Martino ( del quale era anche portavoce, quando quest’ultimo era Ministro ), Sergio Ricossa, Adam Smith, Ludwig von Mises, Milton Friedman, Karl Popper, Friederich von Hayek , ma anche Luigi Einaudi, al quale dedica un intero capitolo del suo libro. Un’altra particolarità della sua opera sta nel fatto che essa ci fa riscoprire le radici profonde del pensiero liberale; nello specifico, l’autore ripropone anche un esempio tratto dal ben noto “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni, dove Il governatore, fissando il prezzo del pane, disincentivò i fornai a produrlo.
Questo libro ci dimostra che, alla fine dei conti, il pensiero liberare è tutt’altro che morto e sepolto; ha probabilmente qualche problema a risalire, ma c’è, e noi tutti lo dobbiamo riscoprire senza la paura di andare controcorrente.
E per concludere, ecco una breve intervista che, Nicola Porro ci ha gentilmente concesso:
EP: Innanzitutto, La ringrazio per aver accettato di prendere parte a questa intervista. Andando subito al sodo, la prima domanda è: da quale idea e per quale scopo nasce questo libro?
NP: Non so se i libri nascono con un scopo. Nasce sicuramente da una frustrazione e cioé quella di trovarmi sempre controcorrente, e dunque di volere, per una volta, affermare la mia corrente.
EP: Come dovrebbe essere fatto, secondo Lei, un modello liberale di una persona?
NP: Il liberale non è ideologico e coltiva il dubbio. Alla fine ritiene che la libertá sia piú importante dell’uguaglianza e la qual cosa non è poi così pacifica.
EP: Com’è essere Nicola Porro? Quali sono le difficoltà ad essere Nicola Porro?
NP: Boh
EP: I Suoi punti di vista, non lo nega, sono di destra perché secondo Lei, al giorno d’oggi, in Italia la gente ha paura di dichiararsi di destra?
NP: Certo. Solo da noi si è assistito ad una sorta di character assassination della parola destra. La sinistra é riuscita a confinarla in una nicchia grottesca. Rivendico con forza l’idea che una destra liberale sia possibile e auspicabile e che la smetta di strizzare l’occhio al pensiero mainstream per essere accettata. Chi se ne frega di sedersi nei salotti.
EP: Lei ogni mattina, sulla Sua pagina Facebook, tiene una rassegna stampa sulle notizie principali dei quotidiani nazionali; da cosa scaturisce questa idea di condividere le Sue opinioni con le persone che La seguono sul social? E chi sono le persone che La ascoltano e guardano di più?
NP: Nasce dal fatto che i social per il momento sono uno spazio, un’edicola, in cui ognuno puó essere editore di se stesso e dunque molto libero. Mi piace l’idea che il mio pubblico sia straordinariamente trasversale: nord e sud, pensionati e giovani, dipendenti e artigiani
EP: Come vede la situazione dei giovani italiani? Sono condannati al fallimento o esiste ancora qualche possibilità?
NP: Nessuno é condannato al fallimento.
EP: Cosa dovrebbero avere o fare i giovani per diventare e dopo essere qualcuno?
NP: Impegnarsi, lavorare, svegliarsi la mattina presto, e perseverare. Mai piangersi addosso, un insuccesso non é la fine del mondo
Erik Poleis, Il Conservatore, 23 ottobre 2016