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La fabbrica dei principi: l’erede i ricchi lo comprano con l’utero in affitto

Il principe Gustav e la moglie Carina aspettano il loro primo figlio che nascerà a fine maggio da una madre surrogata

utero in affitto principe © freestocks.org tramite Canva.com

Che l’utero in leasing fosse una faccenda maledettamente classista lo avevamo capito dal target interessato al diritto ludico e faustiano alla maternità: le stelle del cinema e della tivù, la Ana Obregòn che esagera, tira fuori un figlio dal figlio morto e a 70 anni ne vuole “almeno altri quattro o cinque”, il Nichi Vendola della borghesia mercadora e politica pugliese che dice soave: “Abbiamo pagato alla surrogata un paio d’anni di vita” così sta contento l’utero, sta contenta la titolare, stanno contenti i consumatori finali, insomma contenti tutti. Ma già si scorge il salto di censo, di rango, sono alle viste i primi quarti di nobiltà surrogata, i primi principini di laboratorio. Solo, la faccenda è piuttosto complicata e bisogna riassumerla, condensarla.

Un “royal baby” con surrogata

C’era dunque una volta un fac simile di Carlo e Camilla, questi stavano, e stanno, in Danimarca, sono un principe discendente, Gustav, e l’eterna promessa Carina, entrambi 54enni, che si amano da quando avevano trent’anni ma non potevano per oscure questioni dinastiche e razziali: un nonno crucco e nazista, infatti, aveva gettato l’anatema su eventuali nozze non ariane doc, e la Carina sarà stata anche carina, anzi di più visto che prima di fare la scrittrice di favole infantili faceva la modella di discreta fortuna, ma tutto tranne che “razza purissima”, anzi proprio una meticcia, una bellezza ibrida un po’ svedese e un po’ messicana: roba che al vecchio nazi gli avrebbe preso un colpo secco. E insomma partiva la solita infinita battaglia amoroso-legale, culminata infine nell’agognata eredità reale: perché no soldi, no party, as usual. Carina, intanto, come la più blasonata Camilla, sempre lì, paziente, resiliente. Alla fine ce l’ha fatta, solo che gli anni son volati nell’apparente stagnazione e magari stagflazione e adesso, a 54 suonati, chi glielo dà un figlio ai nobili danesi? Ma è presto detto: un utero qualunque, noleggiato previo sfoglio del catalogo postal market.

Utero in affitto, solo per ricchi di sinistra

Cosa fatta, capo ha: oggi, fanno sapere i due castellani, ereditieri e legittimati, “siamo molto felici”: te credo, poi il principino lab arriverà “in estate”: forse lo chiameranno Anticiclone. Sarà felice pur la madre surrogata, questo eufemismo dalla coda di paglia lunga come l’equatore. Insomma tutti felici a Berleburg, residenza reale anche se Gustav sta parecchio indietro nella successione, comunque gli appannaggi non mancano. E tutti vissero felici, contenti e surrogati. Oh, mai una volta che ‘sti prodigi della modernità demoniaca siano alla portata dei signori e signore nessuno che tirano ogni schifosa noiosa giornata per i denti scatenacciando su macchine inquinanti, in case non cappottate, proletariamente consapevoli che le loro catene non sono d’oro e non si traducono nelle 200mila euro per coprire “due anni di lavoro” all’utero con la mamma intorno. Curioso, che gli apostoli della pratica in discussione, tutti di sinistra ed estrema sinistra, come la Elly, non ne facciano una questione di classe, disponibile anche ai ceti popolari. Ma che gliene frega alle Elly, ai Nichi dei ceti popolari? Quelli sono carne – sintetica – da cannone, da elezione, servono al loro personale benessere e alla discendenza surrogata, dopodiché possono pure sparire. Anzi, facessero il favore, tanto più che poi finisce che votano a destra.

Diritti classisti

I diritti ludici sono dannatamente classisti, aristocratici e sta qui la contraddizione somma di una sinistra che “vuole tutto”, come cinquant’anni fa, ma non parla più a nome della massa delirante e magari opportunista ma solo in nome proprio, del proprio ceto emerso, un ceto che oscilla tra la borghesia affarista degli influencer e dei politicanti e la nobiltà decaduta di ascendenze nazistoidi. Ma che vogliamo farci? Elly, dall’alto della sua dialettica marxista servo-padrone (anche se lei non la sospetta, non la conosce), risponderebbe grossomodo così: “In generale diciamo che ci piace portare diciamo insieme ai nostri amministratori del partito democratico verso un futuro che grazie alle nuove norme europee sempre più investe e costruisca dei cicli produttivi, diciamo della circolarità uscendo dal modello lineare e questo è il tema e in questa direzione devo dire puntano tutte le norme europee vanno sostenute”.

La circolarità uscendo dal modello lineare l’aveva già intuita quel mafioso che diceva: con i soldi e l’amicizia si va in culo alla giustizia. Oggi anche alla scienza consumistica e narcisistica che consente l’indicibile e il cui comandamento unico recita: tutto quello che si può fare va fatto e tutto quello che è fatto va tenuto. Nessun ripensamento, nessuno scrupolo. Ha scritto una cronista, piena di entusiasmo: Il nuovo «royal baby», comunque andrà, è già un rivoluzionario. Un rivoluzionario non di classe ma aristocratico. Ma che cosa sono state in fondo le rivoluzioni, se non sommosse di ceti emergenti che in nome della scienza antidemocratica, santificata, mandavano al macello i sanculotti illudendoli che era per il loro bene?

Max Del Papa, 22 aprile 2023