Un esercizio diffuso è paragonare i mali reali del libero mercato con i benefici immaginari del socialismo reale. Per gentile concessione dell’autore, un estratto da “La verità, vi prego, sul neoliberismo”, libro di Alberto Mingardi, uscito da poco per Marsilio. Per una settimana, tutte le sere, sul nostro sito troverete un teaser, una piccolo boccone del libro appena uscito. Ecco l’ultima puntata.
L’obiettivo di evitare gli aggiustamenti dolorosi, e non semplicemente di mitigarne gli effetti, è coerente con una tendenza pressoché innata in tutti gli esseri umani: il desiderio, e forse anche la convinzione profonda, che ci sia sempre un deus ex machina che può entrare in gioco e risolvere senza intoppi qualsiasi problema. Che qualcuno intervenga, e aggiusti quel che c’è da aggiustare.
Invece, non c’è deus ex machina che abbia ridotto la fame nel mondo: è un bel film senza regista. Anche per questa ragione, le buone notizie, il miglioramento diffuso delle condizioni di vita, la crescita della popolazione mondiale, passano regolarmente sotto silenzio: non si sa chi ringraziare.
Nel 1969, l’economista Harold Demsetz coniò l’espressione nirvana fallacy, la «fallacia del nirvana», per descrivere un atteggiamento diffuso e persistente. Si tende a paragonare la realtà, che è imperfetta ma, per l’appunto, reale, a un disegno immaginario, idealizzato e perfetto ma, per l’appunto, immaginario. Nelle faccende economiche, ai guasti (innegabili) del capitalismo reale si contrappongono le meraviglie del socialismo ideale. Agli errori commessi dagli imprenditori ignoranti, manchevoli e corrotti che abitano questo mondo si contrappongono le meraviglie di regolatori e politici dai tratti angelici: competenti e incorruttibili.
Scovare le imperfezioni della realtà, con conseguente richiesta d’intervento riparatore, è uno sport molto praticato. Il guaio è che non sempre aggiustare un’imperfezione ha, come unica conseguenza, risolvere un problema.
C’è chi pensa che aggiustare le imperfezioni non abbia effetti su tutto il resto: per esempio che evitare il fallimento di una certa azienda sussidiandola non abbia conseguenze sulle scelte che faranno altre imprese e altri imprenditori, o che sostenere i redditi più bassi attraverso un salario minimo non produrrà conseguenze sulla domanda di lavoro. Critica il neoliberismo, la società moderna, la globalizzazione assumendo nel contempo l’invariabilità, l’immutabilità dei suoi successi: domani continueranno comunque ad esserci le brioche al bar, gli scaffali del supermercato resteranno pieni, nuove automobili, nuovi computer, nuovi modelli di telefonino continueranno a essere prodotti come per magia.
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