Le Figaro parla di un Emmanuel Macron “apprenti sorcier“, apprendista stregone, commentando la decisione del presidente francese di sciogliere il parlamento e mandare il popolo al voto il prossimo 30 giugno. Forse nemmeno Marine Le Pen e il di lei enfant prodige Jordan Bardella, trionfatori di queste sopravvalutate elezioni europee, se lo aspettavano.
In effetti Macron ha fatto esattamente quello che Le Pen e seguaci chiedevano: restituire la parola ai cittadini se il risultato del voto europeo l’avesse visto perdente. E così è stato.
Forse stordito da una cocente sconfitta (eufemismo) il presidente sceglie di accogliere la richiesta dei suoi avversari. Umiliato e offeso, decide di creare la sorpresa e un potenziale caos istituzionale. Vedremo come andrà a finire. Sarebbe storico, se confermato, l’accordo tra Les Repubblicanes di Éric Ciotti e il Rassemblement National: in questo modo, la destra, gollisti e lepenisti, potrebbero ottenere il 40% dei consensi alle prossime legislative di luglio.
Il dato più interessante rimane in ogni caso la definitiva tumulazione del “macronismo”, questo insieme di destra e sinistra, gollismo e progressismo, liberalismo e autoritarismo, globalismo e patriottismo. Di tutto un po’, dunque niente. Macron è stato il simbolo di quell’abbandono degli schemi classici della politica, in un paese assai politicizzato come la Francia, che poteva andare bene in tempi di raccolto buono ma che ora, con l’avanzare del caos, ha mostrato tutta la sua inconsistenza.
Le incredibili sparate degli ultimi mesi sulla possibilità di mandare in Ucraina truppe francesi ne sono state la manifestazione più evidente, soprattutto considerando che fu proprio Macron a definire la Nato “cerebralmente morta”. Lungimirante.
La sconfitta tuttavia è dovuta quasi esclusivamente al malcontento dei francesi, abbandonati e incattiviti dai soliti tremendi problemi legati all’immigrazione, la violenza urbana, il progressivo impoverimento di molti gruppi sociali, agricoltori in primis.
Da outsider vicino al popolo egli ha rapidamente mutato forma, caratteristica tipica di un certo liberalismo di convenienza come ben spiegava Gramsci, sposando su tutta la linea le più estreme e dannose iniziative prodotte dalla “burocrazia celeste” di Bruxelles. Dall’elogio della viande synthétique, la carne sintetica, alle politiche del green scellerate, Macron ha mostrato il volto freddo del tecnocrate autoritario, allontanandosi dall’elettorato e confondendo il potere con il consenso. Una politica “della sensazione” senza nome e senza forma, tutta basata sul consenso personale e con l’ovvia prevalenza dell’immancabile progressismo di facciata per apparire gradevoli agli occhi delle anime belle. Basti pensare al pochissimo spazio concesso da Macron al suo giovane primo ministro Attal nella campagna elettorale, segno di una volontà accentratrice impermeabile all’autocritica.
Ora, in tempi di crisi, il pensiero globalista, specie nella sempre più impoverita Europa, non riesce più ad interpretare le paure e i desideri dei popoli.
Tempo fa su questo sito avevamo già percepito il cambio del vento nelle principali nazioni europee, sensazione che con queste elezioni trova conferma in Francia, Germania (l’ultradestra di AfD è il secondo partito più votato) e chiaramente in Italia con il trionfo del centrodestra e trazione meloniana.
In ogni caso il macronismo e i suoi epigoni italici (pensiamo al renzismo o alle posizioni di Bonino e Calenda) vengono spazzati via da un vento nuovo, segno del tempo.
Non ne sentiremo la mancanza, e non la sentiranno i francesi.
Francesco Teodori, 11 giugno 2024
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