Yahya Sinwar, il boss in cima alla lista dei ricercati, è morto. Il blitz delle forze israeliane in un edificio a Rafah, a sud di Gaza, ha messo la parola fine alla vita del capo dei capi di Hamas, mente del massacro del 7 ottobre. Gli esami effettuati dagli anatomo-patologi hanno confermato la primissima ipotesi, poichè il suo Dna e le impronte digitali erano già in possesso di Tel Aviv. Ma non è tutto. Nell’edificio assaltato l’IDF ha recuperato materiale interessante. Non parliamo delle grandi quantità di denaro, delle armi e nemmeno delle caramelle Mentos. Il riferimento è alla carta di identità di un docente dell’Unrwa, l’agenzia Onu che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi.
Sia chiaro, stabilire la verità su quel documento è praticamente impossibile. Ma il mistero è naturale, considerando i pregressi. Quel documento di un collaboratore dell’Unrwa potrebbe essere stato anche piazzato da un agente israeliano, questa teoria è già stata rilanciata da qualche pro-Pal. Ma appare abbastanza improbabile. Appare più consistente l’ipotesi di un legame – non sappiamo di che natura – tra il vertice di Hamas e l’agenzia Onu. Nel corso degli ultimi mesi sono emersi dettagli raccapriccianti su questo asse tutt’altro che apprezzabile, basti pensare ai nove dipendenti coinvolti nel massacro del 7 ottobre.
Il documento appartiene – o meglio apparterrebbe – a H. Z., professione docente Unrwa. Secondo quanto ricostruito dalla stampa israeliana, a partire dall’emittente Kan, il docente sarebbe stato e sarebbe tuttora in Egitto. Secondo quanto ricostruito e confermato anche dall’agenzia Onu, l’uomo sarebbe uscito da Gaza passando per Rafah ad aprile. Lo stesso dipendente Unrwa sui social ha tenuto a precisare di essere in Egitto, senza aggiungere altro, nemmeno un commento su quel documento rinvenuto a pochi passi da Sinwar. Perché era lì? Era stato sequestrato dai terroristi palestinesi? L’aveva perso? Si tratta di un furto di identità? Zero risposte.
L’Unrwa ha tenuto a confermare che nessun membro dello staff dell’agenzia Onu era all’interno dell’edificio in cui è stato ucciso Sinwar. Anzi, il commissario generale Philippe Lazzarini ha puntato il dito contro la presunta campagna di disinformazione contro l’agenzia: “Ancora una volta, informazioni non verificate vengono utilizzate per screditare l’Unrwa e il suo personale”. Lazzarini ha confermato che il docente menzionato è vivo e risiede in Egitto, invitando i media a fermare la diffusione di bufale da parte di Israele.
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Nervosismo comprensibile, ma fino a un certo punto. Dal 7 ottobre in poi l’Unrwa è finito nel mirino dell’opinione pubblica internazionale non senza motivi. Come certificato recentemente, nove membri dello staff sarebbero stati coinvolti negli attacchi perpetrati da Hamas contro lo Stato ebraico – costati la vita a oltre 1.200 persone – e per questo sono stati licenziati. Ma non è tutto. L’Idf ha scoperto un centro per l’intelligence di Hamas sotto il quartiere dell’Unrwa a Gaza City, gettando il sospetto che buona parte dei 13 mila dipendenti che lavorano nella Striscia siano al servizio del gruppo guidato fino a poche ore fa da Sinwar. E, ancora, secondo una recente indagine del gruppo UN Watch ha scoperto che molti degli operatori dell’Unrea avrebbero esplicitamente elogiato l’attacco del 7 ottobre. Per intenderci: un docente dell’Onu ha condiviso un post in cui indossava un giubbotto da suicida ricoperto di esplosivo con una didascalia che non lasciava adito a dubbi: “Aspettate, figli del giudaismo”. Anche per questo parlare di mistero su quel documento trovato accanto a Sinwar è più che lecito.
Massimo Balsamo, 18 ottobre 2024
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