Esteri

La fine di un impero. Cosa ci resta di queste Olimpiadi macroniane

Ha prevalso la ragion politica su quella sportiva. Woke, inclusività, ideolgia: la Narrazione ha distorto i Giochi

Macron olimpiadi (1)

Diventa inevitabile chiedersi cosa rimane di queste Olimpiadi macronianee, come le hanno chiamate per dire la prevalenza della ragion politica su quella sportiva; e una buona risposta potrebbe essere il vuoto, il senso di vacuo che ha appesantito un torneo apparso di colpo pretestuoso, finalizzato, come si è più volte detto, alla Narrazione che sarebbe il racconto di quello che non c’è al fine di una nuova ideologia globale, più inafferrabile e allucinata, più subdola. Liquida.

La Narrazione ha distorto anche questi giochi olimpici: una sorta di rabbia rognosa, di polemica delirante, da social, li ha coperti amputando l’epos, cacciando Omero per lasciare il posto ai cantori del woke, ossia di quello che non c’è. Gli stessi atleti ne sono usciti mortificati, atleti senza storie da raccontare, senza risvolti eroici, patetici o commoventi. Anche loro inzuppati nella logica non binaria e arida del corredo cromosomico, del testosterone, delle maschere per lanciare un peso, del “datemi del loro perché io sono moltitudini”: ma se poi “vincono”, quante medaglie gli vanno date?

Ad accendere la fantasia è stato più di tutti un tiratore turco che sparava con la mano in tasca, alla Callaghan, ma più come eccezione che per racconto sportivo che invade la vita e la rende romanzesca, la medaglia come l’epilogo di un lungo sogno. Al posto dell’immaginazione, il trionfo rancoroso delle atlete ipersex, qualsiasi cosa voglia dire, ossia niente, che, non paghe, passano all’incasso delle denunce ritenendosi soggetto di bullismo siccome il mondo si è chiesto la loro autentica natura.

Narrazione chiede falsità e falsità chiede stupidità in entrata e in uscita, quel fingere di crederci per farla credere veramente. Fin dall’inizio si era capito l’andazzo, la cerimonia di apertura sull’osceno infantile, da subcultura queer, e tutti a giurare: ma dove li avete visti gli attacchi al cristianesimo, ma siete voi deviati e per giunta ignoranti. Poi le ammissioni, dinanzi a tanta bassezza consacrata, le polemiche e la cerimonia finale, molto meno intenzionale, meno militante, gesuiticamente cauta, affidata al Tom Cruise di Scientology che all’Eliseo, specie macroniano, sembra avere una certa considerazione.

La stupidità contagia: atleti spediti a nuotare nella merda della Senna che non sanno rifiutarsi, ci vanno, confortati dalla Narrazione che chissà dove ci vede acque purissime e cristalline, che se mai dà la colpa ai cambiamenti climatici, come se una fandonia colossale ripulisse tutto, ma poi vomitano, finiscono in ospedale o, somma idiozia, per indossare le mascherine alle premiazioni e finanche in aereo.

Narrazione è bugia, bugia è stupidità, stupidità è ottundimento e ipocrisia: per il forfait degli atleti italiani più attesi, Tamberi e Sinner, l’informazione pagliaccesca trova di che invertire i rapporti causa effetto: “Sono malati perché troppo magri”. Ma se io provo ad avanzare una correlazione, anche sulla base della mia esperienza personale, se ricordo che Tamberi era testimonial governativo dei vaccini e invitava i più giovani a dosarsi senza limite, subito parte il troll piddino a ricordarmi che devo tacere, morire, e minaccia di farmi arrestare come in Inghilterra.

Perché le Macroniadi sono state sfondo per una degenerazione accelerata della democrazia europea, occidentale; e, si direbbe, non per caso ma per causa, con una tempistica come minimo sospetta: Narrazione politica e sportiva si intersecano e cooperano per un ribaltamento a tappeto della verità. Poi gli sportivi da birretta sul divano potranno consolarsi col medagliere, “che è come a Tokyo ma con più oro”, ma rimane in tutti, anche nei cretini, come un vago senso di disagio, il sospetto non a fuoco come di una fine del tempo, del mondo come l’abbiamo conosciuto e ci abbiamo bene o male vissuto fino ad invecchiare.

Queste Olimpiadi poco o per niente sportive, stritolate dai cerchi inanellati degli affari, del perbenismo gesuitico del politicamente corretto, dell’ideologia inclusiva che è la più razzista e meschina, della finanza totale, lasciano la percezione di un punto e a capo oltre il quale sta il nulla; il nulla delle democrazie capitaliste divorate dalla troppa tolleranza e dalla scemenza, il nulla di ogni punto fermo e di qualsiasi sicurezza e retaggio cui aggrapparsi. Il nulla di una grande incognita, di una società globale omogeneizzata, frollita, svirilizzata, con gli atleti che piagnucolano, che si consolano per un podio mancato, che citano malissimo il De Coubertine dell’importante è partecipare, che si vergognano della loro rabbia agonistica, confortati da una informazione cialtronesca scatenata nel celebrare la rabbia androgina di combattenti che senza scrupolo spaccano la faccia ad avversarie troppo deboli, troppo femmine, e se ne vantano.

La società omogeneizzata già rimossa, cacciata, sostituita da una società dissociata, intrusiva ma per niente inclusiva, per niente disposta a tollerare i birignao di chi la ha accolta e, pur di non pentirsene, arriva a censurare, ad arrestare le vittime in fama di fascisti bianchi anziché gli autoctoni sbandati e terrorizzati e inermi che sono. Potenza della Narrazione.

Max Del Papa, 12 agosto 2024

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