La mossa della Finlandia

La Finlandia: “Entriamo nella Nato”. Perché è una svolta storica

Il consenso popolare per l’ingresso nell’Alleanza è cresciuto dopo la guerra. E ora Putin rischia un autogol

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D’ora in avanti la parola “finlandizzazione” avrà tutt’altro significato. Dopo 78 anni di neutralità, il Paese nordico ha annunciato ufficialmente la sua intenzione di chiedere l’adesione alla Nato. Si tratterà di un processo ancora lungo e la decisione finale non dipenderà dalla sola Finlandia, dove il parlamento voterà lunedì per confermare la scelta atlantica (e ci si aspetta, in questo una maggioranza assoluta). L’adesione dovrà infatti essere ratificata da tutti e 30 i Paesi membri dell’Alleanza. E c’è già chi, come la Croazia, si dice talmente contraria da minacciare il veto. Quindi: aspettiamo, prima di dire che “la Finlandia è nella Nato”. Però possiamo già commentare e capire il perché di questa storica decisione.

Quando nasce la “finlandizzazione”

Il termine “finlandizzazione” non indica solo la neutralità, come potrebbe essere quella della Svizzera, ma anche una forma di sudditanza all’Unione Sovietica. Infatti, nel 1941 la Finlandia si era alleata con la Germania nazista per motivi nazionali e non ideologici: riconquistare i territori persi nella precedente Guerra di Inverno (1939-40). Quando l’Armata Rossa ha liberato Leningrado e ha lanciato l’offensiva finale, nell’estate del 1944, ha attaccato anche in Finlandia, ma è stata fermata nella battaglia di Tali Ihantala. Stalin, invece che continuare l’offensiva, ha deciso di trattare. È l’unico caso di negoziato fra l’Urss e un Paese alleato della Germania. E si è concluso con la “finlandizzazione”, appunto.

I finlandesi, oltre a cedere circa il 10% del loro territorio, hanno promesso di mantenere una neutralità assoluta nelle relazioni internazionali. Helsinki è stata sede dei celebri accordi del 1975, con cui si era cercato di “normalizzare” la guerra fredda e di far rispettare i diritti umani (senza successo) anche nel blocco orientale comunista. Oltre alla sfera internazionale, la Finlandia doveva essere neutrale anche al suo interno. Di fatto, era impossibile proferire una sola parola contro il potente ed ingombrante vicino sovietico. La Finlandia, per la sua collocazione geografica di ponte fra Urss e Nato (Norvegia) era diventata una terra di spie: contatti segreti, scambi di prigionieri, diserzioni erano parte del paesaggio politico abituale di Helsinki.

L’idea di entrare nella Nato

La Finlandia, insomma, è stata l’unica nazione alleata della Germania (sul fronte orientale) che è riuscita a preservare la sua indipendenza. Ma a che prezzo! Quando l’Urss si è dissolta nel 1991, è arrivata la liberazione anche per i finlandesi. Finita la guerra fredda, nessuno pensava di far entrare il Paese in un’alleanza internazionale. L’idea di entrare nella Nato ha preso forma solo dopo il 2014, quando, con l’annessione della Crimea, la Russia è tornata ad essere considerata come un pericolo concreto.

L’allarme in Finlandia per il vicino russo risale ad allora. Dall’inizio del 2015 è stato osservato un aumento sensibile delle forze russe a ridosso del confine. Il Paese nordico ha la sventura di trovarsi in mezzo a due delle più probabili direttrici di espansione della Russia: quella verso il Baltico e quella verso l’Artico. Quindi, nel tratto settentrionale del confine, quello lappone, i finlandesi stanno assistendo alla crescita di basi e forze russe per un possibile conflitto artico, fra cui la nuova 80^ Brigata motorizzata artica, costituita nel gennaio 2015, con base nella penisola di Kola. Nel tratto meridionale, invece, ha assistito alla crescita delle forze russe del distretto militare occidentale, periodicamente addestrate per combattere un’eventuale guerra nell’area baltica (contro Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia). Esercitazioni aggressive vicino al confine finlandese stanno terrorizzando Helsinki sin dal 2014.

L’allerta militare contro la Russia

Questo spiega l’aumento dell’allerta militare nei confronti della Russia e la crescita della tendenza politica ad avvicinarsi alla Nato. Ad esempio, un paper, non di oggi, ma di sei anni fa raccomandava una serie di comportamenti prudenziali: evitare investimenti strategici in Russia, mantenere una postura più ferma nei confronti della Russia, integrare meglio la minoranza russa, approfondire la collaborazione militare con i partner occidentali. Nel 2017, si è costituito in Finlandia il Center of Excellence for countering hybrid threats (Hybrid CoE) a cui aderiscono Paesi dell’Ue e della Nato. La “guerra ibrida” in cui i russi sembravano maestri, pareva essere la minaccia principale: un misto di disinformazione, sovversione politica a tutti i livelli e colpi di mano militari non dichiarati, come quello in Crimea. Nessuno, allora, come fino al 23 febbraio 2022, si aspettava che i russi avessero il coraggio di lanciare un’invasione a tutto campo.

Adesione Nato, consensi in crescita

Quando i finlandesi hanno visto i carri russi passare le frontiere ucraine, e le scene di Kiev bombardata, si sono identificati con le vittime immediatamente. Il consenso per l’adesione alla Nato è passato dal 20% (prima della guerra) all’80% attuale e il governo ha seguito la volontà popolare. Putin minaccia rappresaglie? Sì, ma lo faceva già in tempi non sospetti, come in questa conferenza stampa che risale al 2016. Semplicemente i finlandesi non hanno più paura. O meglio: temono maggiormente un’invasione russa se restano neutrali (vista la fine che ha fatto l’Ucraina) che eventuali rappresaglie di Mosca se abbandonano la neutralità.

In caso di ingresso nella Nato, Putin otterrebbe il contrario di quel che desiderava conseguire con l’invasione dell’Ucraina. Se il suo scopo era quello di allontanare l’Alleanza Atlantica dai suoi confini, con l’ingresso della Finlandia dovrebbe condividere 1340 km di confine in più con il nemico, il doppio rispetto a quello attuale.

Stefano Magni, 12 maggio 2022

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