Stando alle dichiarazioni del suo promotore, il leader di Azione, Carlo Calenda, dovrebbe servire a “contrastare le ingerenze straniere che si manifestano attraverso propaganda e manipolazione del dibattito democratico di un Paese” per mezzo della nomina di un gruppo di esperti estratti a sorte, investiti per l’occasione della carica di “controllore”, nelle cui mani andrebbe riposto il totale controllo dei flussi informativi e il supremo compito di stabilire dall’alto cosa è annoverabile come informazione e cosa invece da ricondurre a becera disinformazione.
Questo è ciò che prevede, in estrema sintesi, la proposta di legge partorita dai calendiani di Azione allo scopo di difendere la democrazia dalle interferenze straniere nei processi elettorali. Almeno sulla carta. Perché, nei fatti, la reale finalità dello “scudo democratico” pensato da Carlo Calenda sembra ben altra: proteggere non la democrazia da ingerenze “esterne”, bensì il suo “ideatore” da un flop politoco-elettorale, per molti versi già ampiamente annunciato.
Da quando ha scelto di volgere il suo attento sguardo verso il mondo della politica, il buon Carletto ha collezionato non poche scoppole elettorali. Già titolare del Mise dei governi Renzi e Gentiloni, alle ultime Europee ha mancato il superamento della soglia di sbarramento del 4%. Nel mezzo la dispendiosissima corsa solitaria al Campidoglio, conclusasi tuttavia con un nulla di fatto, e i vari tentativi, tutti rigorosamente vani, di costruire cartelli elettorali per accaparrarsi il voto moderato ed occupare quello spazio politico mediano a sinistra dei partiti di governo e a destra del Pd.
Complessivamente, al netto dell’immenso spazio mediatico concessogli, forse bisogna infine concludere che la carriera politico-istituzionale di Carlo Calenda non è stata poi così esaltante. La domanda è: qual è allora il vero scopo di questa proposta di legge?
Salvatore Di Bartolo, 25 marzo 2025
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