La foto degli orrori europei

Ilaria Salis, Mimmo Lucano e Carola Rackete in uno scatto nel loro primo giorno al Parlamento Ue

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La politica si è risolta nel genere teatrale, gira sul registro comico-farsesco e non se lo nasconde; per farne parte occorrono alcuni requisiti, pochi ma tassativi: essere almeno benestanti di famiglia, essere più famigerati che famosi, avere precedenti meglio se scabrosi – le bagatelle, i “reati da centro sociale” possono fare curriculum ma da soli non rilevano, stante la forsennata concorrenza. Allora la politica ammette i suoi affaristi, i suoi nuovi ricchi, che erano un po’ ricchi anche prima ma si presentano nel modo istrionico dei finti poveri che millantavano di essere prima.

Ecco la foto di gruppo, vagamente vendittiana, da primo giorno di scuola al Parlamento europeo di alcuni nostri rappresentanti alle istituzioni continentali: per primo citiamo Mimmo Lucano, in polo d’ordinanza, naturalmente rosso Guevara, pantaloni stazzonati neri, l’aria di chi è lì non per caso ma per instaurare un nuovo ordine socialista a Bruxelles. Auguri, compagno Mimmo, e che don Ciotti sia con te. Lucano, lo ricordate tutti, è l’ex sindaco dell’autoproclamata libera repubblica di Riace dove, sostenuto dai soliti mammasantissima del giornalismo immorale e della sottocultura afasica e grafomane, aveva messo su un “metodo” ispirato ad attivismo frenetico, effervescente, dalle prospettive ignote ma dagli esiti sicuramente dissipatori a punto che i giudici a un dato momento non se la sentirono più di chiudere gli occhi e aprirono un procedimento che sfociava in un clamoroso processo a sortire una condanna in primo grado ad oltre 13 anni, roba da Isis, per un ventaglio di reati spaventevole.

Ma lui, Mimmo, non perdeva la fiducia nella buona stella: “Sono un perseguitato ma alla fine trionferò”. Colpiva un mantra, nelle sue intercettazioni: “Qui se mi scoprono vado in galera, devo farmi candidare, devo trovare un partito grosso, no le scartine, uno delle sinistra grossa”. Alla fine ha trovato il partito, il solito degli impresari Fratoianni&Bonelli, è stato eletto in Europa e, per la quarta volta, a Riace, insomma ha fatto Bingo. “Una vicenda straordinaria”, ha commentato qualcuno, ammirato. Già, nel frattempo la magistratura d’appello lo aveva scagionato dal grosso, gli restava addosso circa un anno e spiccioli per disinvolture amministrative, roba da centro sociale, medagliette e qui un discorso va pur fatto: perché passi l’errore giudiziario, passi il caso Tortora che era dall’inizio imbastito sul nulla, sulle omonimie, sulle verità dei camorristi, sulla fellonia di una classe giudiziaria napoletana, passi il colpo di scena del killer che alla fine è innocente, ma nel caso dello spumeggiante Lucano come fa una magistratura d’accusa a discordare completamente con quella giudicante (del riesame) sulla base di ricostruzioni della Finanza, di carte, di bilanci, di regole matematiche e giuridiche, amministrative?

Vogliamo dire di riscontri certi, interpretabili magari, ma fino a un certo punto: le regole sono regole, i numeri sono numeri. Uno di quei misteri che solo in Italia restano tali, di cui nessuno chiede ragione, giusto il “chi ha avuto ha avuto”, che nel totale vuoto logico e giuridico inducono la dei più ingarbugliati sospetti nonché a sognare non tanto una riforma giudiziaria, coi test psicologici, ma una riforma psichiatrica solo per cominciare. Da 13 anni a zero e Mimmo con la maglietta rossa e il pugno chiuso saluta da Bruxelles, nuovo vecchio potente che a questo punto non deve più preoccuparsi di niente, e, speriamolo, neppure occuparsi, dato che di una cosa almeno si può essere certi a prescindere dalle correnti d’aria giudiziarie: Lucano, a dargli qualcosa da gestire, la fa finire subito nel vortice delle bollette.

Vicino a lui, l’unica e sola Ilaria Salis, la cacciatrice di nazisti, la ragazza (stagionata) che occupa le case dei poveri, ma non fa entrare i poveri nella villa brianzola e neppure nel cottagino pistoiese. Prima sfodera una specie di divisa arlecchinesca da centro sociale anni Settanta, col pancino scoperto, da influencer movimentista, poi qualcuno deve averla consigliata ed eccola nella foto ufficiale in un abitino fiorito da villeggiante, molto lagunare, ricorda un po’ la signora Pina Fantozzi, meglio ancora la maestrina dell’asilo nido l’ultimo giorno di scuola, con tanto di sandaloni zeppati programmatici. Sai quando i piccoli vengono sollazzati coi giochi più innocenti, tipo girotondo e nel mezzo bruciano le foto di Salvini e Meloni; il gioco della bottiglia, naturalmente molotov; il lancio del bullone contro i “nazisti”, il tiro della fionda contro i vetri dell’Aler. E lei, la maestrina Ilaler Salis, che dà i regalini ai più bravi, ma poi sono tutti bravi uguali, basta con la meritocrazia liberista e fascista: una copia del Libretto Rosso, una maglietta di Guevara, fornita dal compagno Mimmo, il gioco da tavolo del Piccolo terrorista. Al cocco, quello che promette meglio, un manganellino d’argento. Che tenerezza, Dio, che tenerezza.

Dulcis in fundo, la kompagna kapitana Carola Rackete, con tutte le K ti Cermania. Questa li supera tutti. Non è vestita: ha una specie di vestaglietta rossofuoco su polpacci alla Zaccagni e scarpe da jogging, da scalata, da attracco, insomma roba krukka, krauta. La negazione di una femmina, di una parlamentare, di tutto. Patetica, perché nel suo pelame forestale orgogliosamente esibito questa quarantenne ricorda una specie di Alice alla rovescia, una che vive in un mondo tutto suo, sparito da mezzo secolo: ormai si depilano pure le Salis. Lei no. Lei irsuta dalle sopracciglia ai polpaccioni passando per le ascelle, e mi fermo qui per carità estetitica. La rivoluzione non passa per il salone di bellezza, ma solo un coglione poteva vederla transitare per l’abbruttimento proletario di donne cui nei regimi comunisti era proibita qualsiasi cura, imprigionate in divise di fatica unisex; e tutto questo era offensivo allora e lo è di più oggi, a maggior ragione perché a sfoderare peli oggi sono le figlie di nababbi come quella di Madonna. La kompagna Karola non si pone come rivoluzionaria ottocentesca, ma come esponente di una èlite di privilegiati.

Difatti sono i nuovi ricchi, sono a loro modo istrionici, sono ipocriti e arroganti. Quei look così palesemente, ricercatamente inadeguati sono miserabili per diverse ragioni, 1. è volgare maleducazione; 2. è la cafonaggine dei cialtroni; pretendono di non riconoscersi in una istituzione della quale fanno parte, si sono lasciati candidare (anche per risolvere i carichi penali), hanno fatto campagna elettorale, nessuno glielo ha imposto, hanno accettato le regole del gioco: adesso, da eletti, ci sputano sopra ma è uno sputo falso, che colpisce solo chi li ha votati e, forse, se lo merita pure, perché se hai in testa qualcosa che non sia le pigne dell’ideologia, questi qua non li voti neanche sotto green pass. Una buffonata, perché intanto loro stanno lì, ritirano ogni mese il ventimila istituzionale e su quello non hanno nessuna lotta estetica da fare, io li vorrei vedere ad andare in banca conciati così e difatti non ci vanno. Non rappresentano le loro tortuose prodezze, fanno parte di un complesso organismo politico, che richiede una buona educazione almeno minima, un rispetto almeno di facciata.

Rivoluzionari? Da far ridere i polli: sono normalizzati nel momento stesso in cui si fanno candidare, non parliamo poi una volta eletti, e, in ogni caso, questi, rivoluzionari non sono stati mai: uno è un pasticcione che ha mandato al dissesto il suo paese, un’altra è una maestra precaria che faceva casino per allegria, sapendo che c’era sempre il villone brianzolo a riaccoglierla, la terza una ereditiera cui la famiglia regalava una bagnarola per tenerla fuori dalle balle, non dai guai visto che subito imbarcava clandestini e cercava di colare a picco una motovedetta della Finanza, comportamento potenzialmente omicida che solo in Italia poteva sortire una specie di cavalierato de facto.

Compagni elettori guardate i vostri campioni, guardate come si presentano in un’Europa che, sorda alla consultazione elettorale, si ricoagula come niente fosse e, per prima cosa, spara una nuova criminale tassa “verde” sui viaggi aerei. Con l’arroganza degli impuni, con l’acribia dei malavitosi. Questi avete mandato a “salvarvi”? Guardateli, e se non sospettate niente, se vi va bene così, allora gli imbecilli non sono loro. Siete voi.

Max Del Papa, 27 giugno 2024

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