La fuffa cosmica di Friedman che chiama Meloni “pescivendola”

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È ora di finirla con questo Alan Friedman. Nel senso di finirla di considerarlo qualcosa. Friedman, tradotto dall’inglese “uomo fritto”, non è cosa: non è un radical chic, perché troppo sbracato. Non è un opinionista perché non ha opinioni. Non ha peso. Vola come la fuffa. Non dice niente e non conta niente. Infatti non sta in America, patria d’origine dove nessuno se lo fila: sta meglio qua, dove al massimo lo chiama Myrta Merlino.

Uomofritto ce l’ha con Giorgia Meloni, che novità, e nel salotto della cavaliera piddina ripete le solite cose che nessuno ascolta: è fascista, ce l’ha con gli immigrati, coi gender, è contro l’Europa, bla, bla, bla, solito repertorio cui è impossibile replicare perché semplicemente non ne vale la pena. Non è che uno può star lì a considerare le fregnacce di Uomofritto e poi cercare di confutarle. Non è vero neppure che somigli a Oliver Hardy: Pollofritto fa ridere anche lui, ma senza volerlo e comunque senza la genialità di Ollio, lui fa ridere di tristezza, ridere per non piangere. Fa riso amaro, come di chi biascica “Mellonie filoputiniana, Cu’oseccio m’cante dchi aaami” (Crosetto mercante d’armi) pensando che nessuno ricordi quando nel 2018 il New York Times lo inserì, secondo una inchiesta del Dipartimento di Giustizia americano, tra i contigui ad una lobby a favore di Viktor Yanukovich, ex presidente filorusso dell’Ucraina (“Gnun ho nieeendi pee’ voòoi”, non/rispose Uomofritto per l’occasione). Invece noi ricordiamo anche la vacuità del nulla.

“Mellonei u’lla comei una pescivèngiolai”, gorgoglia Uomofritto nella sua più riuscita imitazione di Mal dei Primitives. Contenuti forti, meditati, da uno che nei suoi interventi ricorda qualche scappato dalla Vucciria o da una curva ultrà, anzi “ultchà”. “Con Tchamp, Putin avuebbi avutthi vita più fascilei”: ecco la profondità analitica di Uomofritto, che fa anche il consulente di comunicazione, non si capisce bene per chi, speriamo non per il Pd ma è lecito sospettarlo dato il livello disastroso della campagna elettorale. Resta che, sempre secondo il Nyt, ma anche il Guardian britannico, la società di Uomofritto sarebbe stata ingaggiata per infangare l’immagine della rivale di Yajukovich, la ex primo ministro Yulia Timoshenko. Cose normali per i Dem in bermuda. Al sole della “Califo’nia”, Alan Frittone pontifica, ma nessuno lo piglia sul serio. Né lui si prende la briga di essere serio o almeno di farsi considerare serio.

La prova? Invece che della pescivèngiolai Gioo’gia Mellonei, si occupasse della neopremier inglese Liz Truss, molto più conservatrice di Meloni, una vera estremista che si è presentata dicendosi disposta a scatenare una guerra nucleare pur di non darla vinta a Putin. Bene: vedrete che Uomofritto non farà una piega, perché a lui di Ucraina, di conservatori, di guerra, di pace, di clima, di politica, non frega niente di niente. Non ha una sola priorità che non sia la sua faccia al centro del maxischermo. Un personaggio triste, in certo modo indicativo di una latitante intellighenzia: son tutti così, vuoti a perdere, dilatati fantasmi di una coscienza al miglior offerente. Califo’nia o Parioli, sono fatti con lo stampo.

Non li riguarda il bel saggio di Alan S. Kahan “La guerra degli intellettuali al capitalismo”: questi non sono intellettuali, sono guitti, comprimari da rivista, da varietà, e il capitalismo è l’unico orizzonte per loro. Per questo stanno qua. Qui raccattiamo tutto, siamo il rifugium cervellorum in fuga, dai e dai una ospitata da Myrta ci scappa. Non è una cosa seria, d’accordo, non è neppure una comica, ma che importa? È tutta una farsa, è solo un gioco, chi mi passa a magnà, gli dico babbo: questa l’intellighenzia tricolore, anche d’importazione. E va benissimo, intendiamoci, basta non incaponirsi a cercare qualcosa, qualsiasi cosa, dove c’è il nulla cosmicomico, che gira, gira come un pie in the sky, una torta (ma anche un refuso) nello spazio.

Max Del Papa, 6 settembre 2022

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