Molti lettori o del mio Blog o dei quotidiani che pubblicano i miei Camei mi invitano a scrivere sulla vicenda “Ronaldo–Juventus”. Una premessa per i lettori. Questo è un Cameo sperimentale, tenta cioè di assemblare, in 4.000 battute, alcuni spicchi di eventi all’apparenza slegati fra di loro, come l’acquisto di un celeberrimo calciatore con un grande passato alle spalle per trasformarlo in un influencer non solo sociale ma pure di business, come il riposizionamento strategico di un grande gruppo automobilistico nel momento del ritiro a vita privata del suo magico creatore, come l’ultimo miglio della Famiglia “reale” dell’imprenditoria italiana ormai destinata diventare cosmopolita a tutti gli effetti
Alcuni, come il mio amico giornalista Francesco Paternò attraverso il suo splendido Carblogger.it collegano l’aspetto sportivo con quello di business. Imbarazzante (prima di tutto per chi lo ha indetto) lo sciopero dichiarato a Pomigliano e a Melfi dai sindacati Cobas e Usb contro l’acquisto di CR7. Dice Carblogger: “se volevano scioperare avrebbero dovuto scegliere un’altra motivazione, per esempio il giorno dopo la conferenza di Sergio Marchionne a Balocco del 1° giugno dove la promessa a suo tempo fatta di piena occupazione nelle fabbriche italiane entro il 2022 non è stata per nulla confermata”. Francesco da uomo pratico suggerisce di affidare a Ronaldo il marchio Fiat da risuscitare, dopo che è crollato, nelle vendite, di oltre il 30% in giugno e del 23% in maggio. Parole sante, caro Francesco, ma io seguo un altro ragionamento ben più folle.
La mia famiglia, “granata” dal 1906 (nascita in contemporanea del Torino F.C. e di mio papà) è stata non solo tifosissima del Toro, ma pure, questa era la norma di allora, sempre anti juventina. Torino è l’unica città italiana ove il tifo calcistico (radicale) è nato e si è palesato direttamente come una forma di sociologia delle masse. Penso che sia la città che più si avvicina alla città capofila del “tifo alto”: Belfast, che ha prodotto l’insuperato modello Linfield F.C.
Ebbene, da quando è entrato in funzione il Var lo confesso non sono più anti juventino, quindi posso parlare della Juve, degli Agnelli–Elkann, dell’arrivo CR7 con serenità e con spensieratezza.
È altrettanto noto ai lettori che mi seguono, per quel che vale (nulla), l’aver diviso in due il giudizio su Sergio Marchionne: negativo come “manager” per il periodo 2004-2009, molto positivo, come “deal maker”, per il periodo 2009-2018. Dopo che Fiat è stata acquistata da Chrysler, via Barack Obama (perché questa è la verità, non la balla che ci è stata propinata, e che i politici e gli intellò hanno bevuto), e Marchionne ha interpretato il ruolo di Ceo di Fca da grandissimo “deal maker” qual è (forse il migliore su piazza), sono diventato un suo ammiratore, credo come tutti gli investitori seri. Ci aveva promesso che avrebbe fatto esclusivamente gli interessi di noi investitori, e così è stato, insuperabile nella sua capacità di creare ricchezza per i suoi azionisti, non guardando in faccia nessun altro, paese, dipendenti, stakeholder compresi.
Da anni scrivo, motivandolo con varie considerazioni strategiche, che l’azionista di maggioranza relativa (Exor) debba vendere Fca (ormai non ha più lo status, la “dimensione”, e neppure un portafoglio di modelli per sopravvivere nella competizione mondiale) e al contempo ridurre l’eccessiva dipendenza dalle “ruote” nel mix del portafoglio (sbilanciato) di Exor stessa.
In quest’ottica, l’acquisto di CR7 da parte della Juve è stata una straordinaria genialata, di colpo valorizza un asset di per sé moscio, collocandolo nell’Olimpo del calcio mondiale. Bene quindi valorizzare, ma in un’ottica di vendita. Sono fiducioso che questa volta la Torino juventina ce la faccia: comprare CR7 per vendere tutto, compreso CR7.
Noi investitori, piccolissimi (come me), o grandissimi (come loro) dobbiamo cogliere questa straordinaria opportunità, non vergogniamoci di ispirarci al mitico birbante anni ‘70 “Oplà Gabbai, vendo tutto e mi ritiro” che per decenni dominò il piccolo commercio di via Po a Torino.
Lo confesso, ho un sogno: vendere Ferrari & Juve a un Emiro, Fca a un gruppo asiatico, Cnh Industrial a un Fondo anglosassone. Cosa resterebbe di Torino? Il Po, la Mole Antonelliana e il Bicerin di via della Consolata. E poi il mio Toro, incontrastato a dominare la serie B.
Riccardo Ruggeri, 16 luglio 2018