La ghigliottina giudiziaria contro il libero mercato

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Quando la Francia le cose le fa a differenza nostra, usa la ghigliottina. Anche se in senso metaforico. La storia di France Telecom e della condanna del suo ex amministratore delegato e di due dirigenti ufficializzata ieri, è clamorosa.

Sono stati condannati al carcere, più o meno un anno, perché ritenuti responsabili oggettivi di un’ondata di suicidi che interessò vari dipendenti dell’ex monopolista una decina di anni fa. Trentanove suicidi sono più che un’epidemia, sono ovviamente un dramma. Ma drammatica era la situazione dell’azienda che dovette fare un piano di «lacrime e sangue», appunto, per ridurre drasticamente il personale che era a quota 120mila persone. E gli estensori di quel piano sono stati oggi giudicati responsabili di quelle morti.

La ghigliottina è la cattiva coscienza della giustizia penale e di piazza della Francia. Dove con la protesta non si scherza. Macron vuole alzare le tasse sulla benzina e ne nasce un finimondo, con i gilet gialli che ancora non hanno abbandonato le piazze.

Ma quello che spaventa di questa prima sentenza è la reazione giudiziaria, dunque dell’establishment alla crisi economica. Creare un nesso tra una strategia aziendale, magari sbagliata, e una responsabilità penale è già un mostro giuridico. Stabilire un nesso penale e sanzionarlo tra la tragica scelta personale di togliersi la vita ed un licenziamento o una cassa integrazione è una ghigliottina penale che rischia di uccidere non solo il mercato, ma una dei fondamenti stesso della nostra società moderna. È come se ci fosse una premeditazione nel comportamento del manager che da oggi in poi rischia con i suoi atti aziendali di finire in carcere per la risposta che ne danno i propri dipendenti.

È la «penalizzazione» dei rapporti contrattuali. Un mostro giuridico che da noi, anche se in forma, farsesche più che tragiche è presente da tempo. Basti pensare all’assurda storia dell’Ilva. Dove una procura chiede lo spegnimento di un forno, e un’altra pretende dagli imprenditori che lo hanno in affitto di tenerlo acceso. Pena evidentemente l’arresto se ciò non dovesse avvenire.

Questi sono processi che si sa dove iniziano, ma non dove possano arrivare. In un mondo «penalizzato» dopo la compliance, cioè una conformità normativa e preventiva, alle regole del fisco e della burocrazia, arriveremo alla compliance penale.

Un manager e un proprietario di un’azienda dovrà verificare in Procura la liceità ex ante dei propri comportamenti e delle proprie libere scelte imprenditoriali e organizzative. Roba da pazzi. Ma ci stiamo arrivando.

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Poi vedi dei miracoli. E li vedi in Italia. E si realizzano nel settore pubblico. Riguardano i fondi europei. E per di più a Palermo, al sud.

Solo due giorni fa Villa Tasca, poco fuori dal centro della Città, Pasqualino Monti, da due soli anni presidente del Porto ha fatto un miracolo. È riuscito, con 600 milioni europei, nel giro di un anno ad avviare cantieri che già hanno cambiato quella parte del mare italiano. È la blue economy. Ha rimesso in vita in porto e ha convinto i due operatori chiave delle crociere Msc e costa a sbarcare nel porto. Ha creato un bacino affinché Fincantieri possa costruire le proprie straordinarie navi. Ogni euro speso per le crociere ne crea tre di indotto. Sono previsti 1,5 milioni di passeggeri che passeranno per Palermo. Bastava un manager, uno che ha già fatto bene a Civitavecchia, e che la politica, come ha detto qualcuno ieri a Palermo, se avesse potuto avrebbe mandato in Libia, e che grazie al cielo ci siamo tenuti in Italia, per cambiare l’economia di un’area. Per sconfiggere la burocrazia e spendere bene i nostri quattrini abbiamo bisogno di più Monti, inteso come Pasqualino per carità, e meno burocrazie, amministrative e penali, che siano.

Nicola Porro, Il Giornale 21 dicembre 2019

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