Il disegno della limitazione del contante in vigore da oggi, 1 luglio, con successiva riduzione a gennaio 2021, è un non senso economico, pratico e costituzionale. Non bastasse, lo fa notare la Bce in una sua lettera del 19 dicembre 2019 inviata ai presidenti delle camere e al ministro Roberto Gualtieri. La Banca centrale non è d’accordo e avrebbe voluto essere consultata ex ante come nel caso dell’Olanda. Per punti: a. l’accettazione dei contanti è la norma, non l’eccezione; b. l’estinzione dei debiti pecuniari con mezzi diversi dai contanti dovrebbe essere a costi comparabili; c. le limitazioni dirette o indirette dei pagamenti in contanti dovrebbero essere proporzionate agli obiettivi perseguiti; d. la Bce ha ritenuto sproporzionata la limitazione vigente in Grecia (500 euro), Spagna (1.000 euro) per le possibili ripercussioni negative sul sistema di pagamento in contanti.
La lettera si chiude con un invito al governo a confrontarsi con la Bce prima della conversione in legge – chissà, vista la dedizione “europea” dell’esecutivo che questa non possa essere l’ultima speranza.
Purtroppo, per il pensiero allineato e modernista e ciò che ci vende, la realtà è per definizione stocastica e non lineare. E nella indeterminatezza del futuro e degli eventi cade perfettamente il caso di Wirecard, che illustra i pericoli che derivano dal progetto di limitazione dell’uso del contante.
Il pensiero progressista mette diligentemente in pratica “Il quadro fondamentale di un’economia di sorveglianza” e i processi descritti da Shoshana Zuboff. Attraverso dinamiche non del tutto nuove si fa apparire la “disruption” dei pagamenti, la dematerializzazione del contante riducendolo ad un puro elemento numerario per il cittadino e non solo per gli istituti di credito, un evento privo di rischi e privo di limitazione delle libertà personali piu’ semplici. C’è odore di marxismo travestito, con la negazione dei fondamentali diritti disponibili e di proprietà di ognuno, un processo che -ascoltandoli- è inevitabile nel nome della modernità.
E il fine ultimo non tanto nascosto è di poter controllare anche fisicamente premendo un pulsante i fondi di un cittadino. Dal generale al particolare: stampa e comunicazione da un ventennio tendono a far apparire le intraprese economiche tedesche un empireo, un insieme ottimale di Calvinisti, etici ed efficienti da contrapporre ai creativi e confusionari Italiani. Dall’economia al sociale: elevarne una per deprimerne l’altra. Quante volte abbiamo sentito rivolgere critiche alla nazione Italiana per la bassa propensione all’ uso di strumenti di pagamento elettronico? In via generale non è l’Italia ad esser indietro in questo, sono altri a mancare di buon senso, di pratica euristica o di precauzione.
La mattina del 18 di Giugno appare sugli schermi la notizia: Ey, auditor di Wirecard, non firma: mancano 1.9 miliardi di Euro a bilancio. Il Ceo Braun tendando l’impossibile, fa rilasciare nel pomeriggio un comunicato con cui sostiene che la società potrebbe essere stata vittima di una gigantesca frode e tenta di manipolare di fatto il mercato. Il tentativo menzognero e puerile fa il pari con chi sostiene che il ricorso al Esm sia conveniente rispetto ad emettere debito pubblico senza sapere che il rendimento (costo) di una obbligazione si valuta con i “comparables” e Seniority e seguendo parametri un po’ piu’ articolati di un numero percentuale apparentemente minore dell’altro.
In otto giorni di contrattazioni il valore di Borsa della società diminuisce del 98%, la frode sale + 4 miliardi di Euro. Wirecard è fallita e il capo azienda e fondatore Braun arrestato. Interviene anche il Governatore della Banca Centrale delle Filippine. Wirecard ha frodato grandi aziende com BASF e cittadini comuni che si sono visti svuotare i conti e le carte di credito prepagate: un danno personale a cui si somma una spettacolare polverizzazione del valore dei titoli detenuti dal mercato retail e investitori Istituzionali non speculativi: a Gennaio 2019 Wirecard capitalizzava 24.7 Miliardi di Euro, oggi 159 milioni e il debito corporate emesso vale nulla.
Wirecard è un disastro totale ma non casuale: nella analisi dei fattori ESG che indicano la capacità di una impresa nell’essere almeno accettabile nei domini di rispetto dell’ambiente, dell’impegno sociale e soprattutto di Governance, Wirecard ha dal 2013 uno score bassissimo. C’è una accettabile correlazione tra il grado di buona Governance e la efficienza delle Imprese: posto che le correlazioni possono essere spurie o cambiare nel tempo, vale sempre l’assioma: correlazione non è causalità ma causalità e correlazione. Improbabile che la opacità della “governance” di Wirecard sia sfuggita chi doveva controllare soprattutto dopo l’evento dell’inizio febbraio 2019 nella sua sede Singapore.
Wirecard è l’ultima vicenda di una serie di pratiche di Governance proposte come ottimali, rivelatesi ingannevoli se non fraudolente: dal salvataggio delle banche dei Lander a Volkswagen passando per Commerzbank e Deutsche Bank e i suoi 31 trilioni di derivati variamente a rischio.
Lo stereotipo passato per verità della eticità è negato? Il controllore BaFin – la CONSOB tedesca – non ha controllato e forse qualche omissione del governo?
Fabrizio Jorio Fili, 1 luglio 2020