«Non fissarti che sol quel che tu dici, e nient’altro, è corretto. Chi crede di essere il solo a ragionare, a profferire le giuste parole e ad avere i giusti sentimenti, lo stesso, se li indaga a fondo, li scopre vuoti. Invece, non è disonorevole, neanche per il sapiente, imparare dagli altri e non incaponirsi. Il capitano di una nave che oppone il timone alle correnti impetuose senza per nulla cedere, finisce col far rovesciare la nave. Anche tu, padre, fa cedere il tuo cuore e accogli un cambiamento. Se, nonostante la giovane età, ho un po’ di saggezza, ti dico di riflettere e di imparare».
Queste le parole che, nell’Antigone, Sofocle fa pronunciare ad Emone, figlio di Creonte, re di Tebe, e dirette al proprio padre per indurlo a ripensare la decisione di negare ad Antigone il permesso di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice, già bollato nemico della Patria. Emone perorava la causa di Antigone, che amava. La perorò a lungo invano e, quando alla fine ci riuscì, quando Creonte si ravvide dal proprio stolto incaponimento, era ormai troppo tardi: Antigone s’era impiccata nella grotta ove Creonte la teneva prigioniera. Emone, si pugnalò accasciandosi sul cadavere dell’amata, cosa che indusse al suicidio la propria madre, Euridìce, sposa di Creonte. Questi visse il resto della vita invocando la morte su di sé. Nella tragedia, l’intransigenza, che esclude ogni negoziato, di Antigone e di Creonte contrasta con la ragionevolezza di Emone.
Se noi siamo del partito di Emone, Sergio Mattarella, col suo discorso di fine d’anno, s’è incaponito nel partito di Creonte, il cui ravvedimento è stato troppo tardivo per impedire la tragedia: «Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa», esordisce Mattarella nel suo discorso di fine d’anno, senza mai porsi la domanda sulla scintilla che avrebbe accesa quella “folle guerra” da parte di un Paese che, lungi dal potersi definire uno Stato canaglia, è invece stato culla di una propria civiltà millenaria.
La cosa denota una limitatezza che avremmo preferito assente nel pensiero del Presidente. L’Ucraina, che «con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti» s’era dichiarata indipendente il 24 agosto 1991, una dichiarazione confermata dal 92% dell’elettorato ucraino con un referendum del primo di dicembre di quello stesso anno. Giova osservare che il referendum e l’indipendenza furono riconosciuti il giorno dopo dalla stessa Russia (oltre che dalla Polonia e dal Canada), mentre si dovette attendere il 25 dicembre per il riconoscimento dagli Usa, il 28 dicembre e il 31 dicembre per quello dell’Italia e di molti Paesi europei. Altri Paesi riconobbero l’indipendenza dell’Ucraina nel corso del 1992, e qualcuno addirittura nel 1993.
Forse Mattarella dovrebbe spiegare perché mai, così come l’Ucraina indipendente e il referendum che la decretò tale fu alla fine riconosciuta, lo stesso trattamento non è stato mai neanche messo in discussione per l’indipendenza della Crimea e delle Prefetture del Donbass ove si tenne analogo referendum nel 2014.
«Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno del silenzio delle armi». Chissà se Mattarella ci spiegherà mai perché non invoca la cessazione dell’invio delle armi agli ucraini, visto che invoca «il silenzio delle armi». L’appello del Presidente se non falso suona sciocco: l’avversario – chiamiamolo impropriamente così – non ha invocato il silenzio delle armi, cosicché è sciocco chiedere a lui codesto silenzio. Se è questo ciò che si vuole, se si vuole la pace, forse bisogna – bisognava, a dire il vero – alzare provvisoriamente le mani dinanzi all’invasore, fermarsi a riflettere e dirsi al mondo intero disposti a prendere in considerazione del nemico le ragioni. Molte delle quali, forse, saranno pur torti, ma qualcuna forse anche no. Perché, diciamolo una volta per tutte, che questa guerra sia iniziata il 24 febbraio 2022 è una narrazione non più difendibile.
Si sarebbe risparmiata, Mattarella, la «profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine». Ma Mattarella è come Creonte: «di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi». Non sente ragioni, il Presidente e, giudice di sé stesso, si assolve in pieno perché la colpa è «interamente» del nemico. Parole che stridono col dichiarato augurio di pace.
S’inventa il Presidente una preoccupazione che non è corroborata da alcun fatto: «se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili», allarma. Ma, se le cose stanno così come i media ci raccontano, gli intendimenti della Russia son sempre stati limitati alla difesa dell’autonomia di territori ucraini che, per il solo fatto di essere russofoni, son stati per otto anni oppressi dal proprio stesso governo centrale. La documentazione in proposito è talmente vasta che quel che Mattarella chiama l’Occidente (cioè, di fatto, Usa, Regno Unito e Ue, che è un decimo del mondo) dovrà un giorno – vicino o lontano che sia – render conto di fronte alla Storia delle proprie scelte.
Franco Battaglia, 6 gennaio 2023