Chiesa

La lezione che ci lascia suor Maria, uccisa dai jihadisti

L’Isis ha rivendicato l’uccisione della missionaria: “Troppo impegnata nella diffusione del cristianesimo”

di suor Anna Monia Alfieri

La notizia della morte violenta di suor Maria De Coppi non può lasciare indifferente nessuno di noi. È una morte che interpella tutti, me per prima, nella condivisione della scelta di vita, pur in due diverse Congregazioni. Mors et vita duello conflixere mirando. È stata uccisa una donna ma la morte non ha l’ultima parola, a motivo di una vita straordinaria che colpisce tutti per la gratuità del dono, della totale oblazione per i poveri, per i loro diritti, per le loro condizioni.

Ritornano alla memoria i versi del Manzoni riferiti ad Ermengarda: al Dio dei santi ascendere/santa del suo patir. Una morte che genera vita per il bene compiuto quotidianamente, nel silenzio, e che quindi colpisce maggiormente. Ci sono vite straordinarie, fatte di bene e di servizio, di cui nessuno ha notizia. Ma è il bene che salva Sodoma dalla distruzione.

Quanto bisogno ha la nostra società di esempi e di modelli come quello di suor Maria. Quanto bisogno hanno i nostri giovani di essere guidati nel compiere scelte di bene, di responsabilità per gli altri, per il povero del Mozambico, per il profugo afghano, per il figlio di genitori separati. Quante povertà si nascondono dietro l’apparenza di agiatezza economica, quante fragilità sperimentiamo nella nostra Italia.

Allora, la morte di una suora missionaria in Mozambico diventa l’occasione per una urgente riflessione sulle nuove generazioni, quelle che domani saranno chiamate a risolvere i problemi delle diverse povertà del mondo. Perché questo accada, occorre però che ai giovani sia data l’occasione di una reale formazione, in una scuola libera, alla quale tutti possano accedere, senza alcuna discriminazione economica. I poveri non sono solo in Mozambico: ci sono tanti genitori che non possono scegliere liberamente la scuola per il proprio figlio perché non possono pagare la retta che la scuola paritaria deve chiedere per sopravvivere e quindi si devono accontentare. E lo scontento prima o poi si manifesta.

Chissà quante volte suor Maria avrà sperimentato la solitudine e l’incomprensione ma la certezza di vivere per qualcosa di più grande le avrà infuso nuovo coraggio e nuova determinazione. La conquista della civiltà non ha bisogno di eroi bensì di cittadini profondamente innamorati della realtà e disposti a servire e a non cedere alla prepotenza del male. Questa morte mi richiama alla responsabilità personale, al ruolo che ognuno di noi, religioso o laico che sia, ha per l’altro. L’essere scomodi aiuta l’altro a prendere coscienza della realtà e ad agire per migliorarla. Solo se torneremo a considerare la cosa pubblica di tutti, a vedere nell’immigrazione un’opportunità di accoglienza e integrazione, solo allora potremo sperare in un senso di questa sofferenza.

Allora la morte di una missionaria deve fare riflettere tutti, perché è dalla scuola, dalla formazione che passano le soluzioni a ogni forma di povertà, materiale, spirituale, culturale. Come cittadina e come credente confido che questa morte non sia vana e apra la mente di tanti, in Mozambico così come in Italia.