Politica

La “lezione inglese”? Con quel sistema Le Pen avrebbe già stravinto

Tutti a elogiare la legge elettorale britannica, ma i soloni anti-premierato non hanno studiato abbastanza

© creisinger tramite Canva.com

Va avanti ormai da giorni il ritorno sulla presunta “lezione inglese”. Giornali progressisti entusiasti per la vittoria di Sir Keir Starmer, chiamato a governare il regno dopo quattordici anni di segno Tory. Le analisi si sprecano, anche se in realtà manca un approfondimento sulla legge elettorale. Ma non si tratta di una grossa sorpresa: accendere i riflettori sul “First past the post” significherebbe gettare alle ortiche mesi di battaglie contro il premierato e più in generale contro il governo guidato da Giorgia Meloni, che secondo i soliti soloni non avrebbe la vera legittimazione popolare a causa dell’affluenza non elevata.

Entriamo nel dettaglio. I compagni si sono scatenati per il trionfo laburista ma quasi nessuno ha rimarcato che Starmer ha ottenuto il 64 per cento dei seggi con appena il 30 per cento di consensi. Questo è possibile perché la legge elettorale – Sistema maggioritario secco in collegi uninominali – permette di ottenere una poltrona anche con un solo voto in più e senza soglie dì alcun tipo. Se il paragone con l’Italia appare azzardato, prendiamo in considerazione l’esempio francese.

Pochi giorni fa a Parigi e dintorni si è tenuto il primo turno delle elezioni legislative anticipate. La legge elettorale in questo caso è un sistema uninominale a doppio turno. Al primo per ottenere il seggio devi superare il 50 per cento dei voti, in alternativa si va al ballottaggio. E prima del secondo turno è possibile stringere accordi e inciuci di ogni tipo, con le ormai note “desistenze”. Ebbene, secondo i fenomeni sopra citati, con il sistema inglese come sarebbe finita in Francia? O meglio, con quanti seggi avrebbe vinto il Rn di Marine Le Pen?

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I numeri certificati da Le Monde non lasciano grossi margini di interpretazione: il Rassemblement National col “first past the post” avrebbe 297 seggi, seguito dal NFP con 159 seggi. Poi Ensemble (70), LR (20), Gauche (12). Droite (8), Centre (6), mRégionalistes (3), Divers (1) e Extrême droite (1). In altri termini, l’asse Rn-LR-destra avrebbe ottenuto la stragrande maggioranza dei seggi, superando agilmente la soglia minima. In soldoni, Jordan Bardella sarebbe primo ministro, con buona pace di Emmanuel Macron e compagnucci. Invece con l’attuale legge elettorale è tutto in bilico, anzi, grazie alle accozzaglie rosse la Francia sarà un Paese ingovernabile: secondo gli ultimi sondaggi, il massimo che riuscirà a ottenere la destra è 210 seggi, non basteranno nemmeno i repubblicani con 30-40 seggi.

La tanto chiacchierata lezione inglese avrebbe mandato in depressione i progressisti nostrani se applicata alla Francia. Invece ecco i magheggi, gli accordicchi, le trame per non accontentare il popolo. Ma si sa, il doppiopesismo è un grande classico della sinistra: il voto democratico va bene quando vince chi vogliono loro. Altrimenti è allarme, pericolo, allerta. Le solite cantilene patetiche. Ma attenzione, pensate al caso italiano. La nostra legge elettorale è quella che è, con il sistema inglese come sarebbe andata a finire? Difficile fare delle stime precise, ma abbiamo due certezze: il centrodestra, che ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti in tutte le circoscrizioni italiane ad eccezione della Campania 1, avrebbe molti più parlamentari (chissà cosa avrebbe detto Sergio Mattarella) e molti partitini del 3-4 per cento sarebbero svaniti nel nulla. Mica male…

Franco Lodige, 7 luglio 2024

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