Non partono dai vivai, partono dalla maglietta: “Il verde simboleggia il grande lavoro che stiamo facendo con i giovani. Vogliamo celebrare il rinascimento del calcio italiano con un colore che non sostituisce l’azzurro, ma lo rende ancora più luminoso”. Also sprach Gravina, presidente della Figc, che poi aggiunge, con rispetto parlando (come dicevano le portinaie di Maigret), ulteriori fregnacce sulla lotta al razzismo le discriminazioni la xenofobia, tutta junk demagogia che riempie la bocca ma non lascia sostanza.
La verità essendo che la nuova maglia della Nazionale è imposta dalla multinazionale Puma per ragioni di marketing etico – perché la pubblicità s’è fatta etica, non si limita più a dirci “desidera, compera”, si è evoluta in direzione moralista: se non consumi questo prodotto, che è buono e giusto, sei fascista, intollerante e ammazzi il pianeta. Vale per Greta, per la prima influencer che passa e per la magliaccia “nuova” della “nuova” Italia che, riflettendo un tipico costume nazionale, non si sa bene che cazzo sia: è azzurra? No, è verde? Neppure; è come sembra, come conviene, Montanelli ricordava che non si era mai dato il caso in cui l’Italia avesse concluso una guerra dalla stessa parte in cui l’aveva cominciata: vale anche per le guerre pacifiche sui campi erbosi con dentro una palla che rotola.
Praticamente la maglia è una corazzata Potemkin, una paraculata che, si capisce, è stata concepita pensando allo stacco esotico, praticamente un incitamento ad arruolare più atleti di colore. I quali fossero tutti come Pelè, ci mancherebbe: il guaio è che al massimo sono come Balotelli. Come sempre, quando si è a corto di argomenti, si frusciano le code di paglia: si scomoda il Rinascimento, senonché, insegnava Prezzolini, “la fede nell’uomo, ossia l’Umanesimo, ha per rovescio la retorica”. Gravina, in effetti, nel rivendere la maglia color bottiglione come simbolo di rinascenza, ricorda molto le svenevolezze d’un Poliziano; quanto alla densità cromatica, forse quelli della Puma si saranno ispirati alle morbidezze botticelliane.
E si parla di una Nazionale che viene da un fragoroso ciclo di fallimenti, neppure qualificata allo scorso mondiale, in grave crisi di talenti – perché non sono solo i cervelli migliori, ma anche i piedi a fuggire all’estero: noi, in compenso, importiamo spesso molti scarponi, tapum. E loro partono dall’involucro, “l’intendenza seguirà”, avranno pensato: da queste parti si sentono tutti Napoleone, è una nota sindrome dilagante, purtroppo in libertà. Ma come dovranno sostenere, i tifosi, la loro Nazionale? Forza azzurri no, forza verdi? Neppure, forza verdazzurri è patetico, forza bottiglioni imbarazzante, va a finire che bisognerà chiedere lumi alla Boldrini: forza calciatori del mondo e della terra senza distinzioni di genere e di provenienza all’insegna di un colore che è tutti i colori perché la diversità è arricchimento e il sovranismo barbarie. Solo che ci vuole un’apnea degna di Maiorca, senza contare che se uno fa gol, ora che hai finito la giaculatoria cromaticamente corretta quegli altri hanno già fatto in tempo a pareggiare.
Naturalmente dalla maglia “Chi vuol esser lieto sia” è sparito anche il tricolore, non si sa mai, qualche scannatore di poliziotti potrebbe prenderla male. “Gli umanisti, come uomini, non brillarono per qualità d’indipendenza e di attività; furono cancellieri che cambiavan di padrone a seconda dello stipendio; ambasciatori e oratori in lungualatina, piuttosto retori che osservatori”, scrive ancora Prezzolini. Ma niente paura, si parla di tanti tanti anni fa, ogni riferimento a persone o presidenti del consiglio o della Lega Calcio attuale è da considerarsi puramente casuale.
Max Del Papa, 9 ottobre 2019