Rassegna Stampa del Cameo

La mia esperienza col vaccino Moderna

Rassegna Stampa del Cameo

Una dozzina d’anni fa decisi che avrei lasciato, dopo tre lustri, Londra, e che il mio lavoro non sarebbe più stato retribuito da terzi, ma offerto gratis, per quel che valeva (penso nulla), al mio paese. Non sapendo far altro che leggere, scrivere, lavorare, scrivo ogni giorno sia Camei, sia saggi, ora anche romanzi (non perdetevi Il Processo di Achille K. un tocco di pubblicità non guasta). Lo faccio con autodisciplina prussiana, indosso i miei occhiali rosa d’ordinanza per osservare persone e cose, scrivo, e sono felice.

Fare lo scrittore ormai è il mio mestiere. E sono pure felice di essere vivo e attivo. Nell’arco di due giorni ho fatto la visita biennale per la patente con il dottor LG (superata in scioltezza) e ho assunto il vaccino, in un delizioso paese sul lago Ceresio, ove risiedo. Almeno a breve ho una prospettiva. Mi sono detto: Riccardo su con la vita. Chi avrebbe mai potuto prevedere che saresti rimasto vivo dopo l’ecatombe di oltre 100 mila morti, tutti vecchi come te, quelli che avevano creduto all’assicurazione oscena di quel tale continuamente in tv che blaterava “è tutto sotto controllo”, arrivando fino al mitico “siamo i migliori del mondo”, mentre eravamo fra i peggiori.

Qualche giorno fa un sms, a nome del dottor D. mi convocò nella sala multiuso del Comune alle 9,45. Arrivai alle 9,30. Un poliziotto controllò il mio nominativo, mi fece entrare. Qua uno della Protezione Civile mi “sanificò” come persona e mi fece sedere su una sedia, “sanificata” in mia presenza. Alle 9,43 una signora della mia età, accompagnata dalla figlia, ed io fummo ammessi nella grande sala: saremmo stati la coppia delle “9,45”: il ritmo era due ogni 15 minuti. In successione ci sedemmo davanti al dottor D. (costui aveva a fianco uno che strimpellava freneticamente sul computer). La signora spiegò che era venuta esclusivamente per le pressioni della figlia, ma era molto dubbiosa se fare o meno il vaccino. Confessò che aveva tanta paura.

Il dottor D. fu materno, ricco di spiegazioni e di rassicurazioni, non fece nessuna pressione. La signora firmò il suo assenso, la figlia sorrise. Un assistente la condusse in una della due tende bianche. Il dottor D. fu tutto mio.

Premisi che nella vita precedente ero stato un vaccinista esuberante, per ragioni di lavoro. Negli anni Ottanta, consumai vaccini di ogni tipo, dalla febbre gialla, al vaiolo, alla polio, alla malaria e giù, giù, fino alle malattie africane più curiose. Cioè feci tutte le vaccinazioni imposte dai singoli paesi asiatici, africani, sudamericani nei quali operavo. Se volevo portare a casa del lavoro per la mia azienda e per il mio paese, la vaccinazione preventiva di colui che avrebbe firmato i contratti si imponeva. Il resto erano dibattiti pseudo tecnici, anche allora feroci, ai quali rifiutai sempre di partecipare. Non parlo di ciò che non conosco. Anziché fare il manager internazionale, e soggiacere alle regole dei singoli paesi, nulla mi vietava di fare il pastore nelle Valli di Lanzo, immerso nella natura.

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