Che ci sia un problema immigrazione è ormai cosa nota. Non tanto o non solo per i numeri degli sbarchi, per l’accoglienza al collasso, per le difficoltà che lo Stato incontra nel versare miliardi di euro a cooperative col rischio che esplodano casi come quelli della famiglia del deputato Soumahoro. Ma anche perché, e lo andiamo ripetendo da tempo, poi i migranti devi integrarli, compito non semplice in un Paese a crescita zero o quasi, dove il rischio di creare sacche di illegalità nelle periferie è altissimo e dove a provocare allarme non sono solo le prime generazioni ma anche e soprattutto le seconde.
Lo si è visto in questi giorni: le piazze che in Italia protestano contro Israele e inneggiano ad Hamas, spesso anche lodando i terroristi che sgozzano spacciandoli per “partigiani”, erano piene di giovani nati e cresciuti qui, molti con la cittadinanza, che però dichiarano apertamente di sentirsi “più musulmani” o “più egiziani” che italiani.
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Lunedì sera, a Quarta Repubblica è andato in onda un servizio molto chiaro sull’argomento. Ci sono ragazzini 15enni egiziani, con accento milanese, convinti che Hamas non sia un attentato terroristico e spacciano tranquillamente la bufala dell’ospedale di Gaza bombardato da Israele benché tutte le indagini, anche quelle dei media indipendenti, dimostrino il contrario. Ovvero che ad abbattersi sui civili innocenti è stato un missile di Hamas che ha fatto cilecca. Questi adolescenti vanno nelle nostre scuole, si informano “sui social”, non credono ai media tradizionali che “dicono solo bugie”. “Io mi sento più egiziano – dice un 20enne – vedendo quello che sta succedendo oggi, preferisco essere egiziano che italiano. Non mi sento mai italiano”. C’è poi chi “ucciderei tutti in Israele”, chi “l’Isis non esiste” e poi il giustificazionismo su Hamas. “Non è terrorismo. Quello è il loro Paese, fanno bene” a combattere. O al massimo è “la resistenza” di un partito politico.
A preoccupare, però, è l’ultima intervista: “Quello che vogliamo – dice un ragazzo – è che tutti gli arabi stiano insieme. Perché il nostro pensiero è che arabi, marocchini, egiziani siamo tutti fratelli. Mio padre mi ha sempre insegnato: se qualcuno prende le tue cose, parla con lui; se non funziona, picchialo. Anche se devo ammazzarlo, per forza”.
dalla puntata di Quarta Repubblica del 30 ottobre 2023