In una dichiarazione alla stampa internazionale Rafael Grossi, il Capo dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica,ha affermato che gli ispettori dell’Agenzia che dirige stimano che l’Iran disponga ora di quantità sufficienti di uranio altamente arricchito per costruire diverse testate nucleari. Ma una frase in particolare dovrebbe destare interesse: “È un evento molto frustrante e non capiamo perché non forniscono la trasparenza necessaria”.
Rafael Grossi, il direttore di una delle più importanti, se non la più importante in assoluto, delle agenzie ONU, non capisce come mai la Repubblica Islamica dell’Iran non collabori, o meglio, non fornisca la trasparenza necessaria. Se la vicenda non fosse così grave, ma tanto grave perché l’atomica è pericolosa a prescindere, ci sarebbe da ridere. Ma quando l’arma ultimativa sarà in mano ai pazzi con il turbante e la follia diventerà di dimensioni bibliche, l’umore passerà a tutti. Anche a quelli che fino al giorno prima erano convinti che l’Iran aveva il diritto a prescindere, perché nel raggio dei vettori ci sarà anche lui, la sua famiglia, la sua casa e anche il suo cane.
Questo perché la minaccia nucleare iraniana non sarebbe un pericolo solo per Israele, e questa realtà fattuale, fatta eccezione per i soliti noti, la gente di buon senso lo ha capito da un pezzo perché una minaccia globale aprirebbe a scenari che mettono i brividi solo a pensarci. L’AIEA, bontà sua, ci dice che l’Iran nelle ultime settimane ha accelerato e triplicato la produzione di uranio arricchito al 60%, invertendo un precedente rallentamento iniziato a metà del 2023. Nella realtà questa dichiarazione a che serve? A preparare una parte di mondo a uno scenario di convivenza con la nuova potenza nuclear-teocratica? Anche se fosse, a che serve? C’è comunque la parte di mondo rimanente che non vuole, e soprattutto non può, adattarsi per il semplice motivo che i pazzi con il turbante, quelli che recentemente hanno condannato a 70 frustate Roya Heshmati, una ragazza di trentaquattro anni, per aver postato una sua fotografia senza il velo in testa, da troppi anni minacciano. E più si raffina uranio più le minacce crescono.
Forse qualcuno lo ha dimenticato, ma tutto questo è cominciato quando Muhammad Mustafā al-Barādeʿī, il 1º dicembre 1997 è stato promosso a direttore dell’AIEA, incarico che ha tenuto fino al 30 novembre 2009. Nonostante nel 2005 gli sia stato attribuito il Premio Nobel per la Pace come direttore dell’AIEA, l’Iran, confidando nei silenzi del fratello nella fede, anche se sunnita sempre fratello resta, se serve, in quel periodo ha messo in atto una potente accelerata allo sviluppo del suo progetto nucleare. Meno male che gli hanno dato il premio Nobel per la Pace, mi viene in mente un altro personaggio che ha ricevuto avuto lo stesso premio per le sue primavere arabe che poi sono diventati inverni infernali. Non è per caso che questi premi Nobel per la Pace portino un tantino di sfiga? Ok, magari affronteremo l’argomento in un altro articolo.
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Tornando al nuclear-teocratico, bisogna ammettere che non c’è da stare tranquilli perché come ammette lo stesso Rafael Grossi, e non vedo ragioni di dubitare sui suoi timori visto che attualmente è lui il massimo esperto della materia, l’uranio con una purezza del 60% prodotto nelle ultime settimane in una quantità che si aggira intorno ai nove chilogrammi al mese, rispetto ai treche venivano prodotti fino a giugno dello scorso anno, sono un altro passo tecnico verso il livello necessario per un’arma nucleare. Mentre questo arricchimento vede aumentare di conseguenza la percentuale di uranio-235, l’isotopo che può essere utilizzato per la fissione nucleare, il Segretario del Consiglio supremo per la Sicurezza nazionale dell’Iran, Ali Akbar Ahmadian, durante un colloquio con l’ex premier dell’Iraq, Adel Abdul-Mahdi, come riporta l’agenzia di stampa Mehr News Agency, ha affermato che Israele e gli Stati Uniti si trovano in una situazione in cui non possono vincere. Potrebbe avere ragione, o forse no.
La speranza, che si fa sempre più esile, è quella di non avere mai la riprova di chi potrebbe essere il vincitore di questa ipotetica guerra fra atomiche democratiche e quelle teocratiche. Anche perché probabilmente rimarrebbero in pochi a festeggiare un’eventuale vittoria. Sempre in tema di ONU, c’è di registrare la risposta di, Stephane Dujarric, portavoce del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, a un giornalista che gli chiedeva se data la considerevole presenza di agenzie Onu a Gaza, ci fosse stata qualche indicazione che si stavano costruendo tunnel sotterranei. Volete sapere quale è stata la sua risposta? “Chiaramente, no”.
Anche se risulta che alcuni funzionari della UNRWA (agenzia Onu per i profughi palestinesi) avevano lanciato allarmi sulla presenza di tunnel sotto le strutture delle Nazioni Unite nel 2017, nel 2021 e nel 2022, che la sola UNRWA conta 13.000 dipendenti in oltre 300 strutture in tutta la striscia di Gaza dove operano una dozzina di altre agenzie ONU, e nonostante la presenza nella Striscia di Gaza di un sistema di tunnel terroristici che ora viene ritenuto più esteso della rete metropolitana di Londra, le Nazioni Unite sostengono che non avevano la minima idea della costruzione e presenza dei tunnel. Antonio Guterres e Stephane Dujarric non c’erano, e se c’erano dormivano sonni profondi. Anche su questo, come sull’AIEA, se non fosse così tragico e insanguinato, si potrebbe ridere di un riso amaro.
Michael Sfaradi, 19 gennaio 2024