Economia

La motosega che serve all’Italia. Può nascere un Milei tricolore?

Giuliano Ferrara: il presidente argentino è bravo ma non si addice a noi. E invece abbiamo molto da imparare

“Milei sarà anche bravo, ma la motosega non si addice all’Italia”, questo il titolo di un editoriale di Giuliano Ferrara pubblicato su Il Foglio.

In realtà, come si legge in controluce nell’articolo, il nostro non sembra apprezzare particolarmente l’azione turbo-liberista del presidente argentino. E lo fa esprimendo un certo qual comprensibile cinismo politico che, ci piaccia o meno, rappresenta uno delle caratteristiche principali delle cosiddette democrazie mature, particolarmente quella italiana.
In soldoni, Ferrara giudica impossibile realizzare nel Bel Paese ciò che sta facendo Milei dall’altra parte dell’Atlantico in quanto “non si vede come il ministro italiano Giorgetti, ragionevole demoleghista, possa mai tagliare l’enorme spesa pubblica con una motosega, affascinato come si mormora dal titolare della Casa Rosada, quello che ora malgrado i capelli arruffati il linguaggio psicoliberale e i cani clonati è divenuto beniamino del Fondo Monetario e dell’Economist.”

A suo dire, “ ilei agisce nella solitudine argentina, il paese del complesso abbandonico, rintanato con le sue follie nella famosa fine del mondo, e si collega a un’epoca d’oro di fine Ottocento quando a Buenos Aires regnavano principi del liberalismo opulento. Milei non conosce vincoli sovranazionali, la società civile del suo paese è un flatus vocis ma molto chiassoso, hanno sempre preferito la lotta politica di strada tra fazioni plebiscitarie descamisade.” Tutto ciò non sarebbe neppure concepibile in un Paese caratterizzato da “un assistenzialismo pervasivo, sistematico, strutturato, uno stato patrocinante e da sempre componibile, a prezzo talvolta di qualche salto mortale, con il funzionamento dei mercati in Europa, secondo l’esperienza.”

Secondo Ferrara, inoltre, “noi siamo ricchi di vincoli esterni di ogni genere, non come Milei che può un giorno dire ai cinesi che sono comunisti mangiabambini e il giorno dopo sedersi a tavola con loro per esaminare le prospettive commerciali e la bilancia dei pagamenti”.

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A questo punto, ribadendo in filigrana il concetto secondo cui sarebbe il contesto globale in cui siamo incardinati che ci impedisce di tagliare la spesa pubblica con la motosega, Ferrara emette la sua sentenza senza appello: “Con le tasse e con la spesa gli esperimenti sono difficili in paesi coordinati al resto del mondo invece che abbandonati nella sua coda estrema, patagonica. Va benissimo flirtare con ciò che Milei rappresenta in effigie, registrare il fatto che con un’inflazione a tre cifre la cura al principio funzionicchia, gridare al miracolo neoliberista e anarchico, lo spettacolo è godibile e pieno di insegnamenti potenziali, ma è da credere che una persona cauta come il nostro ministro dell’Economia si diverta a scherzare col fuoco senza farsi bruciare dalla sua energia divoratrice. Noi siamo un paese in cui la motosega taglia la mano di chi la imbraccia.”

Ora, sebbene sia assolutamente vero che in Italia chi tocca i fili della spesa pubblica rischia di restare politicamente fulminato, nondimeno tra il turbo-liberismo espresso da Milei e il nostro scalcinato sistema burocratico-assistenziale ci passa un oceano ancora più ampio di quello che ci separa materialmente dall’Argentina. In tal senso, proprio in considerazione dell’enorme influsso sulla gestione del consenso che esercita la nostra colossale spesa pubblica, un liberale ragionevole non può aspettarsi miracoli da chiunque occupi la stanza dei bottoni. Tuttavia, e questo vale in generale per l’intera Unione europea, se vogliamo invertire l’inesorabile declino economico che, al netto delle follie green degli ultimi anni, sta affliggendo il Vecchio Continente, qualcosa che vada nella riduzione, seppur graduale, del perimetro pubblico dovremmo necessariamente fare.

Inoltre, per ciò che concerne i cosiddetti vincoli con cui l’Italia deve fare i conti, mi sembra che Ferrara faccia po’ di confusione. Se, in particolare, ci riferiamo a quelli europei, molto alleggeriti dopo la follia del Covid-19, direi che il problema è opposto: siamo noi che facciamo fatica ad accettare anche i limiti più laschi, segnatamente a quelli finalizzati a mantenere entro limiti accettabili il deficit di bilancio. Tant’è che sarebbe una ottima cosa se il decantato vincolo esterno, di cui si è blaterato a lungo dopo che siamo entrati nella moneta unica, avesse realmente funzionato, impedendo di far lievitare il nostro debito sovrano ad un livello assai critico per la sua sostenibilità.

Sostenibilità, ossia la capacità a tempo indeterminato di pagare gli interessi ai nostri creditori, che rappresenta un vincolo di realtà strettamente legato ad una gestione responsabile dei conti pubblici e che, con un indebitamento il quale ha praticamente raggiunto i 3.000 miliardi di euro, dovrebbe impedire che si ripetano le follie pseudo keynesiane – su tutte il catastrofico bonus edilizio 110% – del governo giallo-rosso.

Da questo punto di vista, proprio in considerazione delle nostre sempre un po’ precarie condizioni economico-finanziarie, più che ironizzare su Milei e la sua micidiale motosega, forse per chi analizza senza paraocchi ideologici un Paese afflitto da decenni di bassa crescita e da un evidente eccesso di spesa pubblica corrente, il presidente argentino dovrebbe invece rappresentare un interessante punto di riferimento per, quanto meno, mettere in discussione alcuni dogmi dello statalismo che, ahinoi, in Italia soprattutto a sinistra vengono divulgati a livello delle verità rivelate.

Claudio Romiti, 16 dicembre 2024

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