La Nato a Est: la falsa teoria dei putiniani

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In questi giorni si sta diffondendo anche fra di noi una lettura molto parziale delle vicende storiche che hanno portato all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Una versione che salta con disinvoltura non pochi passaggi storici e che ha trovato spazio anche in un redazionale del nostro blog. Al centro di questa interpretazione, che non vuole essere giustificatrice dell’invasione ma comprensiva delle “ragioni” che hanno spinto Putin ad un passo così avventato, c’è una “promessa” fatta dai Paesi occidentali a Michail Gorbaciov sul non allargamento della Nato all’indomani della caduta dell’Unione Sovietica.

Ora, a parte che suona un po’ ingenuo descrivere i rapporti di forza fra potenze con non mantenute “promesse fra galantuomini”, quello che assolutamente è falsata è la prospettiva storica. Per tutti gli anni Novanta e poi all’inizio del decennio successivo il problema di un allargamento non si è più posto perché erano i fatti ad essere maturati in questa direzione, con l’adesione della stessa Russia e anche del primissimo Putin ad una situazione di allargamento di fatto e consenziente dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea. Addirittura si preconizzava in un futuro non lontano, da una parte e dall’altra degli Urali, l’ingresso della Russia nella Nato. E persino il G7 era diventato di fatto un G8. Come dimenticare la partecipazione di Putin all’incontro di Pratica di Mare, con il cavaliere sorridente nelle photoopportunity fra lui e Bush jr?

Poi qualcosa è cambiato nella mente di Putin, che ha abbandonato la linea occidentalista e ha coltivato non solo il sogno di un neoimperialismo russo ma anche di una democrazia non liberale e dispotica incentrata sulla sua persona, come ha chiaramente affermato e teorizzato in più luoghi, non ultima la nota intervista al Financial Times di tre anni fa. Questa “maturazione” si è accompagnata a una serie di provocazioni che hanno visto l’Occidente e soprattutto i democratici americani impotenti o silenti: dall’eliminazione di ogni opposizione interna alla probabile commissione da parte dei suoi di assassini al polonio in terra straniera, dalle guerre in Cecenia e Georgia all’annessione della Crimea agli interventi egemonici in Libia e in Siria in difesa di quel regime di Assad che Obama non aveva saputo arginare segnando una “linea rossa” non oltrepassabile che era stata poi tranquillamente e senza effetti oltrepassata.

Probabilmente è in questo preciso momento che Putin si è cominciato a convincere della “mollezza” e vulnerabilità occidentale, anch’essa opportunamente documentata in discorsi e interviste, avvalorata ultimamente anche dall’indecorosa ritirata di Biden dall’Afghanistan. Ed ecco quindi una recrudescenza che è andata dall’appoggio al governo fantoccio della Bielorussia contro le opposizioni all’annessione delle province orientali dell’Ucraina. Ancora nel più assoluto silenzio dell’Occidente e nel rifiuto di ogni serio negoziato, tanto più se esso tenesse in conto anche dei desiderata del popolo ucraino.

Un tempo l’antioccidentalismo era una prerogativa della sinistra: ritrovarselo a destra fa un po’ male! Le responsabilità dell’Occidente, o meglio della sua cultura liberal, ci sono, ma concernono l’aver voltato gli occhi dall’altra parte e nell’aver lasciato per troppo tempo fare senza intervenire se non con qualche blanda parola di circostanza. Più che la retorica liberal di cui parla il nostro sito, da mettere sul tavolo degli imputati è l’ipocrisia degli stessi. I liberal oggi gridano al ladro dopo che i buoi sono stati fatti da loro stessi scappare.

Corrado Ocone, 3 marzo 2022

 

 

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