“Tank a Kiev per liberare più territori”. È questo il motto dell’Unione Europea e dell’alleanza atlantica, dopo il via libera della Germania sull’invio all’Ucraina dei carri armati Leopard. La decisione arriva dopo alcuni giorni di nervi tesi con la frangia più “interventista” della Nato – composta da Regno Unito, Paesi Bassi e Polonia, che aveva già dato la propria disponibilità nell’addestrare le truppe di Kiev all’utilizzo dei tank su proprio territorio – che si contrapponeva proprio al governo di Scholz, che aveva deciso di prendere tempo per “valutare la decisione”.
Una scelta strategica che però è finalmente arrivata, anticipando di poche ore l’annuncio di Joe Biden sull’invio dei carri armati Abrams. Come riportato dai media americani, infatti, la conferenza è stata fissata alle ore 18 italiane. Lo scrive Nbcnews, citando “tre alti funzionari dell’amministrazione”, che comunque sottolineano come “la decisione non sia ancora finalizzata e potrebbe cambiare”. Formalmente, per ora, la conferenza fissata dalla Casa Bianca sarà volta a “ribadire il continuo sostegno all’Ucraina”, a cui seguirà poi la telefonata tra Biden, Meloni, Sunak, Macron e Scholz fissata per stasera.
Nel frattempo, anche la Finlandia si è unita ai Paesi europei che invieranno carri armati Leopard 2 all’Ucraina. Lo ha annunciato il ministro della Difesa finlandese, Mikko Savola, riferendo in Parlamento e definendo ”un grande progetto” la scelta definitiva della Germania. “La decisione della comunità internazionale di trasferire Leopard in Ucraina va avanti. E la Finlandia vi prenderà parte”, ha specificato Savola.
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Insomma, una Nato compatta, che ora schiaccia ulteriormente l’acceleratore nel conflitto tra Russia e Ucraina, alzando nei fatti l’asticella degli obiettivi di quest’ultima. Proprio nella giornata di oggi, Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, ha affermato come una futura “escalation con la Russia è inevitabile”, specificando però come per ora Kiev non abbia mire militari in territorio russo. “Confermo ufficialmente che un’escalation interna della guerra in Russia è inevitabile. E saranno effettuati attacchi diversi contro obiettivi diversi. Perché, da chi e per quale scopo è un’altra questione, e non ne possiamo discutere oggi. Mancano le informazioni sufficienti”, ha dichiarato Podolyak.
Affermazioni che, però, si pongono sulla stessa linea di quanto sostenuto dall’intelligence della Difesa ucraina, che ha confermato come il Cremlino si trovi nel raggio d’azione dei mezzi militari della resistenza. E proprio per questa ragione, Putin avrebbe deciso di mobilitare i sistemi di difesa aerea, guarda caso installati dopo l’attacco all’aeroporto militare russo di Engels. “Questo suggerisce che, se arriviamo a Engels, arriveremo al Cremlino“, ha detto il vice capo dell’intelligence della Difesa ucraina, Vadym Skibitskyi.
Dichiarazioni che smontano definitivamente il dibattito, del tutto europeo, relativamente all’invio di armi solo a scopo difensivo ed offensivo. Ad oggi, la linea atlantica è chiarissima: sostegno incondizionato al governo Zelensky. Una strategia che trova riscontro nel continuo – e sempre più ampio – invio di pacchetti militari, con la ciliegina sulla torta dei carri armati Leopard 2 e degli Abrams americani. L’unico dubbio rimane sempre la controrisposta di Putin: Mosca starà a guardare o si è arrivati all’apice del rischio di una escalation con l’Occidente? La prima risposta del Cremlino è stata l’esercitazione sull’uso di armi missilistiche ipersoniche, come i Zirkon, con una gittata di oltre 1.000 chilometri. Un primo segnale che non fa ben sperare.
Matteo Milanesi, 25 gennaio 2023