Esteri

La guerra in Ucraina

La Nato s’inchina a Erdogan: “Svezia e Finlandia? Comprensibili i dubbi della Turchia”

Erdogan mette alle corde l’alleanza e Stoltenberg è costretto a cedere. Sfuma l’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato

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Pochi giorni fa, dopo l’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, avevamo evidenziato come le nuove misure contro Mosca non fossero una vittoria per l’Unione Europea, ma una soluzione di intermezzo, volta a premiare le resistenze di Viktor Orban.

Lo scontro tra Svezia, Finlandia e Turchia

A poco più di una settimana di distanza, lo scenario si ripropone ancora una volta. Variano solo i protagonisti: Jens Stoltenberg ed il presidente turco Erdogan. Parlando in una conferenza stampa con il presidente finlandese, il segretario generale della Nato ha sottolineato la centralità del ruolo di Ankara all’interno dell’alleanza atlantica. Anzi, è la stessa Nato a dover comprendere “le preoccupazioni legittime. Si tratta di terrorismo e di esportazione di armi: nessun altro alleato ha subito più attacchi terroristici della Turchia”.

Stoltenberg fa riferimento al gruppo Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), etichettato dalla Turchia come organizzazione terroristica, ma sostenuto apertamente da Svezia e Finlandia, soprattutto nella sua battaglia contro il califfato islamico in Iraq e Siria.

Non è un caso che Ankara rimanga il principale ostacolo all’ingresso di Stoccolma e Helsinki nell’alleanza atlantica. Erdogan richiede una condizione essenziale: la cessazione del sostegno delle forze militari curde e la revoca delle restrizioni alle esportazioni di armi verso la Turchia.

Ma non finisce qui. La questione più spinosa è che il Partito dei Lavoratori è riconosciuto come movimento terroristico dalla gran parte degli Stati dell’Occidente: Usa ed Ue su tutte, ma non dalle Nazioni Unite e, soprattutto, dalla Russia.

Ecco, quindi, che Stoltenberg si trova in una posizione terza: è meglio accogliere le richieste di Erdogan, e quindi frantumare l’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato, oppure il contrario? Il segretario generale pare aver optato per la prima opzione. E subito, i candidati hanno lanciato segnali forti e chiari.

Helsinki, infatti, ha già rifiutato l’ingresso, se questo non avverrà contemporaneamente con Stoccolma. Allo stesso tempo, però, la Svezia pare aprire una spiraglio di speranza, esprimendo la volontà di creare “uno spirito costruttivo, con progressi sulle questioni sollevate dalla Turchia”.

La vittoria di Erdogan

Stoltenberg ha voluto giustificare il suo supporto ad Ankara, guardando al ruolo che sta compiendo a sostegno di Kiev: “La Turchia svolge un ruolo chiave nel sostenere l’Ucraina e nell’esportare il grano bloccato. Quindi, quando un alleato così vitale condivide le proprie preoccupazioni sul terrorismo, dobbiamo prenderle sul serio. Ed è esattamente quello che facciamo.”

Ma la scelta del segretario generale rischia di portare ad una nuova frattura all’interno dell’organizzazione occidentale. L’ingresso di Svezia e Finlandia, infatti, era solamente ostacolato da Ankara e, visto l’obbligo di unanimità nel voto, la procedura potrebbe andare sempre più a rilento, fino a far tramontare definitivamente l’ingresso dei due candidati.

Erdogan contro la Nato. Uno contro ventinove Paesi. Ma repetita iuvant. Proprio lo scorso anno, infatti, l’Occidente dovette cedere alla Turchia anche sulla questione dei migranti. L’Ue accolse la richiesta di Ankara di essere pagata ben sei miliardi di euro per fermare l’arrivo degli immigrati. Dal 2002, si stima che il nostro continente abbia ingrassato le casse turche per una cifra pari a 15 miliardi.

Insomma, Ankara si dimostra il vero osso duro in tutti i rapporti con l’Occidente, che puntualmente si ritrova a revisionare le proprie posizioni di partenza, fino ad arrivare a sposare quelle turche.

Pare che la dirigenza occidentale non riesca a garantire una voce unanime, capace di riunire in un coro unico l’alleanza atlantica. I “sabotatori” sono sempre di più, le fratture e gli screzi all’ordine del giorno. Sarebbe questa l’immagine che l’Occidente vuole offrire alla Russia? La percezione di debolezza è immediata.

Matteo Milanesi, 13 giugno 2022