di Andrea Tosi, Atlantico Quotidiano
Spero che queste parole possano far capire il disagio che molti studenti universitari, tra cui il sottoscritto, provano da un anno a questa parte. Siamo stati abbandonati a noi stessi, nell’indifferenza più generale, mai una parola, mai una rassicurazione, mai nulla. Affitti pagati a vuoto, borse di studio in sospeso, e molti altri problemi concreti dovuti alla completa latitanza delle istituzioni nei nostri confronti. Per non parlare degli enormi problemi psicologico-sociali legati alla totale assenza di relazioni umane, dalla semplice chiacchierata prima di entrare a lezione, alla mancanza di dialogo con i professori e con altri studenti.
Passiamo molte ore al giorno richiusi in una camera, davanti ad uno schermo e sebbene la didattica a distanza possa risultare più comoda dal punto di vista prettamente organizzativo, per fortuna, questa non è, o meglio non dovrebbe essere la normalità. Tra l’altro, in moltissimi casi non è stato preso in considerazione il divario tecnologico creando non pochi problemi a coloro che hanno dovuto adeguarsi. Ho deciso di esternare il mio stato d’animo e le mie preoccupazioni dovute a tutta questa situazione, voglio farmi portavoce di tutti coloro che provano le mie stesse ansie circa questa totale incertezza. Sono iscritto all’Università di Pisa da settembre e non ho mai messo piede in ateneo e non lo considero una cosa normale. È possibile che si riesce a trovare una soluzione a tutto tranne che a questo?
La cosa più grave, oltretutto, è che non ne parla nessuno e la mia sensazione è veramente quella di essere abbandonato a me stesso. Ovviamente parlo a nome mio e di tutti coloro che condividono il mio stato d’animo, la mia non vuole essere una generalizzazione, perché c’è anche chi si trova meglio in questa situazione. Badate bene, queste parole non arrivano da un negazionista ma da una persona ben consapevole del rischio che questo contagio può comportare e non pretendo ovviamente di tornare immediatamente alla normalità come se niente fosse, ma credo fermamente che qualcosa si potrebbe fare per permettere a coloro che desiderano, almeno di assaporare il clima universitario, ovviamente seguendo un protocollo ben preciso e con le dovute precauzioni.