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La nuova bugia su Orban per colpire la Meloni

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di Paolo Becchi

Su un giornale italiano di una certa diffusione del gruppo editoriale Gedi, Repubblica, Gustavo Zagrebelsky in una lunga intervista rilasciata il 7 agosto si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni sul tema del presidenzialismo per cercare di contrastare l’ipotesi avanzata da Giorgia Meloni nel programma elettorale di FdI e a quanto si dice ripreso in quello del centrodestra. Il presidenzialismo non è il male assoluto, può piacere o non piacere, ma senza il pieno riconoscimento delle autonomie, a mio modesto avviso, sarebbe nel nostro paese da evitare. Ma non è questo l’argomento che intendo qui affrontare. Ci sarà tempo eventualmente per farlo in futuro, sempre che il nostro Paese abbia un futuro, che non sia solo quello della carestia di cibo e di energia che ci attende per il prossimo autunno. Ma restiamo sul tema.

Il fatto è che il presidenzialismo di Meloni sarebbe da contrastare perché “potrebbe tradursi in un regime autoritario sul genere di quello di Victor Orbán, dove il Presidente della Repubblica perde il ruolo di garante della Costituzione perché non è più una figura super partes. E sotto il suo potere – o sotto il potere del Partito del Presidente – il Parlamento rischierebbe di rimanere schiacciato, in una condizione di ricatto permanente”. Questo l’incipit dell’intervista a Zagrebelsky. Riprendendo lo stesso tema l’8 agosto sul medesimo quotidiano è apparsa un’intervista a Sabino Cassese e nonostante l’intervistatrice gli avesse dato la possibilità di ribadire le affermazioni di Zagrebelsky, Cassese ha glissato sul punto, parlando di altro (perdonatemi se non cito il punto, chiunque potrà se vuole verificare facilmente le mie affermazioni. Evidentemente Cassese sa come stanno le cose). Ma non ci si tocca, che dico neppure ci si sfiora, tra ex membri della Consulta.

Orbàn può piacere o non piacere. Come Meloni, o Salvini del resto. Agli ungheresi a quanto pare piace e anche molto e da tanto tempo. È stato rieletto nell’aprile di questo anno per la quarta volta di seguito dal parlamento con più di due terzi di maggioranza dei deputati da una coalizione che raccoglie l‘Unione civica ungherese, di cui è il leader, e il partito popolare cristiano democratico. Difficile dire che le elezioni in Ungheria siano truccate perché tutti sanno che non è vero, perché tutti sanno che ci sono i controlli e perché tutti sanno che Orbàn ha un consenso notevole nella popolazione e non ha bisogno di truccare niente. Certo con questi dati Orbán può governare e prendere decisioni sapendo di contare su una solida maggioranza parlamentare.

Beh, sarebbero dati che vorremmo avere anche noi alle prossime elezioni per fare un po’ di chiarezza. Non c’è niente di male a vincere le elezioni e ottenendo un buon risultato. O Sbaglio? E per scongiurare il “pericolo delle destre”, visto che dall’altra c’è il nulla, meglio puntare su un risultato ambiguo, che consenta il ritorno di Draghi o di qualche altro governo istituzionale?

Detto con franchezza preferisco quello che è successo in Ungheria. Non vi è dubbio che Orbàn abbia le sue idee, che sono molto diverse da quelle di Repubblica e di coloro che possono scrivere su questo giornale. A loro è concesso però anche dichiarare cose false? Sì, è proprio così, loro possono scrivere tutto quello che vogliono e poiché non è ammesso il dissenso né il dibattito in quel giornale mi trovo costretto a pubblicare queste brevi considerazioni nel blog di Porro che da tempo mi ospita.

Meloni, senza dubbio, vorrebbe introdurre In Italia un sistema presidenziale. E qui critiche o consensi sono entrambi leciti. Quello che però non è lecito è fare passare l’Ungheria per una Repubblica presidenziale perché è falso ed è biasimevole utilizzare questo argomento per fini chiaramente propagandistici in campagna elettorale contro il centrodestra e in particolare contro Meloni. È sufficiente leggere la Costituzione ungherese o come gli ungheresi la chiamano la “Legge Fondamentale”. Dalla Legge Fondamentale, nella parte che riguarda l’ordinamento statale (art. 1) risulta che l’Ungheria è una Repubblica parlamentare e non presidenziale. Tanto è vero che il Presidente della Repubblica non viene eletto direttamente dal popolo, come avviene nei sistemi presidenziali, ma dal Parlamento (art. 10)   e la sua carica è di cinque anni e può al massimo essere rieletto per un secondo mandato (art. 10). Il Presidente del Consiglio viene eletto dal Parlamento su proposta del Presidente della Repubblica (art.  16, terzo comma), e il Presidente della Repubblica resta il garante, il custode della Costituzione (art. 9) e può in determinate circostanze sciogliere il Parlamento, oltre ad avere diversi altri poteri. Non entro nei particolari, non è questo il caso. Chiunque potrà controllare la correttezza di quanto affermo: la Costituzione ungherese è anche tradotta in lingua inglese.

Cosa tutto questo abbia a che fare con un sistema presidenziale bisognerebbe chiederlo a Zagrebelsky, ma siamo certi che nessuno glielo chiederà e che da ora in Italia l’Ungheria passerà per essere una Repubblica presidenziale, perché lo ha detto a Repubblica un ex membro della Consulta.  Da noi – non in Ungheria – funziona un po’ come in 1984 dove ciò che è falso diventa vero e ciò che è vero e diventa falso, in quel caso perché lo ha detto il Partito, nel nostro perché lo ha scritto Repubblica.