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La politica americana e la sindrome del Watergate - Seconda parte

La questione è che al di là degli ambiziosi, dei mediocri, dei trafficanti che esistono dovunque anche in un’istituzione così magistralmente selezionata come il Bureau, ci sono anche un paio di problemi politici grandi come una casa. Da una parte c’è un andazzo post Watergate, che coinvolge entrambi i partiti (si ricordi il caso solo sollevato contro Bill Clinton per Monica Lewinsky) di affidare alla giustizia invece che alla lotta sui programmi, la ricerca della supremazia politica. Dall’altra c’è la convinzione in larghi settori dell’establishment e di quelle che dovrebbero essere istituzioni neutre fondamentali, che ormai la politica abbia esaurito le sue funzioni, che contino solo le grandi organizzazioni “tecniche” giuridiche, economiche, poliziesche. Che il problema per il mondo non sia costruire equilibri internazionali sulla base di un pensiero soggettivo, ma quello di lasciare ai tecnici dei vari settori di trovare le soluzioni.

Ed è questo il contesto che ha consentito a uno stato poliziesco come quello cinese e al fondamentalismo islamico variamente declinato l’occasione per acquisire tutto lo spazio che hanno conquistato dopo la caduta dell’Unione sovietica.

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