La prima intervista di Salis, il nulla cosmico

La candidata di Avs parla a Repubblica: tanta retorica del genere populismo antifascista

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Salis

Viene sempre più il sospetto che quella di Ilaria Salis fosse un’operazione preparata meticolosamente, fin dall’inizio, fin dall’aggressione da strada se non addirittura prima sul modello del sindacalista stivali Abou Soumahoro. Dal martirio strategico alla umanizzazione della “cacciatrice di nazisti”, neanche fosse una Simon Wiesenthal virata profondo rosso, fino alla fatal candidatura di cui si assume la responsabilità il duo Bonellli&Fratoianni, in succursale della casa madre dove i vecchi marpioni del politburo postcomunista, che la sanno lunga, hanno stoppato l’improvvida segretaria a scadenza Elly Schlein.

Adesso, a ricamo, non può mancare l’intervista agiografica di Repubblica, un kolossal che ha impegnato mezza redazione con tanto di titoli di coda e che si potrebbe riassumere così: sotto il vestito, niente. O il manganello. Tutto calibrato, tutto strategico e tutto con una insopportabile puzza di preparato e magari di stantio. Come mai a differenza di altre detenute tu hai mostrato la faccia alle telecamere? “Volevo mostrare che sono una persona vera”. Ma no, al di là della retorica della persona vera persona umana, volevi solo renderti riconoscibile essendoci dietro l’operazione candidatura, l’operazione Salis. “La prima intervista assoluta” spara Repubblica in un accesso comico “alla maestra antifascista”. Maestra antifascista? No, una che ha 4 condanne e 29 precedenti di polizia, una nell’alone del terrorismo virtuoso, che piace a quelli di Repubblica che fanno le chat antifasciste dove c’è sempre uno più antifà degli altri che suggerisce: andiamoli a prendere e facciamo giustizia.

Ma tutto serve per il vittimismo arrivistico come dimostrano i Saviano e gli Scurati. Anche la nostra maestra antifascista ha pronto il libro, non dimenticatelo. Una che ha “scoperto Dante in carcere”, ma non faceva l’insegnante questa? L’intervista è patetica, del genere Repubblica, tanta aria fritta, tanta retorica del genere populismo antifascista. Tante frasi fatte e stantie: “Ho conosciuto donne di tutte le età con loro storie”, certo, ogni donna, ogni essere che transita sulla terra ha una sua storia, Ilaria Gramsci Salis se n’è accorta solo in galera, certo, se batti le strade alla caccia di “neonazi” da abbattere non hai tempo per l’umanitarismo solidale. Quando ha capito che qualcosa stava cambiando? “Quando la mia immagine in catene ha fatto il giro d’Europa”. Frase del neomarxismo egocentrico che avrebbe potuto recitare una Chiara Ferragni; e ci senti tutta l’ambizione narcisistica e dunque monetaria, perché nel mondo influencer, anche leninista, anche antifà, le due cose vanno di pari passo.

“La candidatura è stata un vero punto di svolta anche se non sono ancora uscita dal pozzo”. Il pozzo della detenzione, degli incubi. E si può capire ma messa così, spacciata così, come il martirio di una catturata senza un presupposto, per pura follia sovranista, ungherese anziché per un senso di giustizia diverso da quello italiano, dove i teppistoidi e i matti più sfasciano e devastano e più li premiano, li candidano, sa un po’ troppo di paraculaggine. Anche il babbo Salis si è riconvertito subito: se gira bene, questa figlia scapestrata guadagnerà 3 milioni di euro in 5 anni che sono sempre un bell’osso da spolpare, da camparci di rendita, tanto più se a parte agitare il manganello non si sa fare. L’intervista non c’è perché non c’è la martire e men che meno il personaggio, c’è un erogatore di luoghi comuni, di propaganda antifà cui non credono più neppure gli antifà. Non ci crede neppure lei che già si lamenta per le catene troppo strette, i braccialetti così scomodi, un antifascismo permanente, ma estetico; e a domanda, “cosa vuol dire per te essere antifascista” risponde come la vacua di Nanni Moretti: “Tante cose”.

Se o meglio quando sarà eletta che farà la nostra coscienza civile, per la quale il nuovo espresso del grillino Carelli farà forse una copertina, “donne e no”, Ilaria da una parte, Giorgia dall’altra? “Sono una militante antifascista, mi voglio battere per il diritto all’istruzione, i diritti dei lavoratori e dei precari, per contrastare le destre radicali e ogni forma di intolleranza”. Frase ribalda, di quella spocchia infantile che può piacere e non piacere, ma che alle persone normali stride. Come no, anche lei ovviamente si batterà per le galeotte, come tutti quelli che ci passano. Anche il vecchio capo di Lotta Continua Sofri diceva lo stesso, poi è finito a fare lobby personale in continuismo con la setta: figli e nuore smistati nelle redazioni e lui intoccabile, indiscutibile, la condanna definitiva fatta passare come un arbitrio, un abuso e magari una resa dei conti interna, ah, si sa che i compagni in questo sono maestri. Anche il vecchio Adriano aveva risolto hegelianamente l’alternativa frommiana, “avendo, sono”.

E perché non dovrebbe farlo la nostra Ilaria, maestra antifascista? Repubblica non chiede conto dei malcapitati fatti a pezzi dalle presunte ronde di Ilaria, agisce di perifrasi manzoniana, “troncare, sopire”: tornerebbe a Budapest per manifestare contro il raduno neonazista? “Non è importante quello che farei io”. Invece lo è ed è illuminante la non risposta: col cavolo, se mi eleggono mi normalizzo subito perché è meglio il ventimila al mese dall’Unione Europea oggi che la rivoluzione domani, la ripulitura necessaria dai nazisti che pullulano in Europa.

La prospettiva più allarmante però non sta nella possibile elezione ma nel futuro della agitatrice “antifà naturale”: “Tornerò ad insegnare amo il mio lavoro e mi è mancato, continuerò a fare la supplente” ma è chiaro che da eletta in Europa se mai una corsia preferenziali non gliela potranno negare. In attesa di capire quale sia il suo vero lavoro, la sua missione, un consiglio: tenete lontani i bambini, che hanno bisogno di imparare a manovrare la penna non la chiave inglese o il bastone.

Max Del Papa, 31 maggio 2024

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