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La priorità del ministro per il Sud: avere le quote rosa ai convegni

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Provenzano, chi era costui? Occorre un aiutino, perché qui siamo sideralmente lontani dalla mitologia criminale, qui siamo alla banalità del bene, all’anonimato della routine. E allora non può che venirci in soccorso Wikipedia, l’enciclopedia libera ma libera veramente. Ed ecco la prima sorpresa: Giuseppe Luciano Calogero Provenzano, in arte Peppe, laureato in Giurisprudenza a Pisa, viene da san Cataldo, milita nel Pd e come genere si identifica in: HipHop/Rap. Mah, sarà che è ancora un ragazzo, classe 1982, praticamente nato mentre Zoff sollevava la coppa del Mondo.

Peppe Provenzano, dunque, è un politico, per di più ministro, per l’esattezza “per il Sud e la coesione territoriale”, di qualsiasi cosa si tratti. Solo che finora nessuno se n’era accorto; subentra a Barbara Lezzi, la grillina che non aveva lasciato più che tante scie (chimiche): avranno pensato a una successione in scia, una coerenza nella continuità. Apprendiamo dunque che Peppe, per cantarla con Patty Pravo, si spende oggi qui, domani là/io vado e vivo così/senza pene vado e vivo così, yeah! Capo della segreteria di un assessore economico della giunta regionale sicula guidata dal non esaltante Saro Crocetta, quindi consulente del ministro ambientale Orlando tra il 2013 e il 2014, infine membro del politburo piddino e quindi ministro (perché Peppe è un ministro).

Insomma la classica trafila di potere. Ma ha bruciato le tappe, così giovane, neanche quarantenne. Un Mozart delle istituzioni, il ragazzo che, parafrasando Sylvie Vartan, ha una moto che/tocca i duecento quando mi va/ed ho una gang di amici che dà retta a me./Come un ragazzo per la città cammino e vado di qua e di là/non ho paura di gente che/ce l’ha con me. Provenzano va di qua e di là, non ha paura di nessuno: neanche del ridicolo.

Come quando, lo scorso febbraio, per presentare a Gioia Tauro le slide (i ragazzi, si sa, sono dei draghi al computer) di un progetto da 123 miliardi per rilanciare il Sud turistico, ci ha messo una foto di Duino, perla del Friuli Venezia Giulia, pieno Golfo di Trieste. Agli inevitabili sollazzi social, Peppe, de profesion bel zovine, ha risposto così: «Nessun errore, si tratta di un progetto per l’Italia. Bisogna guardare al Sud per rilanciare lo sviluppo anche al Nord». Nessun errore, come no: blinda la supercazzola con scappellamento confinante, allacciascarpa scarpallaccia.

Bisogna anche capire. Peppe, il ministro, ha una vita agra, una vitaccia cavallina, sempre in viaggio, gli si potranno ben mescolare i meridiani, o no? È una vita in fuga la sua, sempre a pendolo tra una Leopolda e gli Stati Generali, salvo tornare ogni sera a casa, dove, informa Repubblica con piglio da Giornale della Razza padrona, legge alla figlia di due anni “tutte le sere le Storie della buonanotte delle bambine ribelli”. Tutte le sere le stesse fole comuniste, che due palle, per forza che poi crescono ribelli.

Senonché Peppe, il quale sarebbe un ministro, trova modo di ribellarsi lui stesso e qui esce dalla latitanza istituzionale che finora lo aveva contraddistinto e assurge agli onori delle cronachette rosa: ha infatti rifiutato con veemente sdegno l’ospitata all’ennesimo convegno, in quanto infarcito di soli uomini: non possiamo; non dobbiamo; non vogliamo, ha scolpito Peppe ministro, non è chiaro se in ginocchio o dritto in piedi. Poi ha tuonato: “Basta eventi per soli uomini: nessun maschio deve sentirsi assolto”. Era un simposio o un cineporno? Insomma secondo Peppe il pisello è come il peccato originale: non emendabile, colpa a prescindere, lettera scarlatta, marchio passepartout che va bene per ogni nequizia. E se uno non si pente, perché non capisce di che accidente dovrebbe mortificarsi, è segno che è proprio irredimibile, anima dannata che altro non è. Classica ermeneutica compagna.

Comunque Peppe ha riscosso l’esagitata ammirazione di metoo, maschi pentiti (di essere maschi), blacklivesmatter, senonoraquando, palloncini rosa, palloncini gonfiati, ilcorpodelledonne, pasionarie antimà(fia), antifà e tutta l’altra mercanzia: ben fatto, Peppe, così si resta a galla. Va bene, va bene così; va tutto bene, senonché, sempre dalla fatidica Wikipedia, che non mente mai perché è l’enciclopedia del Popolo, si apprende un particolare sconcertante: nel gennaio del 2018 Provenzano avrebbe “rifiutato (il condizionale ce lo mettiamo noi, perché a questo mondo non si può mai essere sicuri di niente) la candidatura alle politiche nelle liste del Partito Democratico, in polemica contro il metodo scelto e perché messo in lista dopo la deputata uscente Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro Salvatore Cardinale”.

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