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La “profezia” di Battiato sull’Italia schiava del Covid

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Il Maestro ci ha lasciati. Franco Battiato, a 76 anni, si è spento nella sua casa di Milo, dopo una lunga malattia, sulla quale già diversi mesi fa erano trapelati alcuni dettagli, in seguito alla straziante lettera di un suo amico diffusa sui social e dai giornali. Si potrebbero scrivere fiumi di parole per ricordare la grandezza dell’artista.

Noi abbiamo deciso di riproporvi un pezzo in particolare, anche perché questa canzone è stata portata al successo da Milva, scomparsa poche settimane prima di Battiato. Si tratta di Alexanderplatz, un bellissimo e struggente brano che, ascoltato oggi, sembra una profezia. A cosa alludiamo? All’evidente parallelismo tra l’Italia del Covid, prigioniera dei chiusuristi alla Roberto Speranza (e per fortuna che, con Mario Draghi, qualche passo avanti lo stiamo facendo), e Berlino Est, ai tempi della Ddr e della dittatura comunista. Insomma, è come se, nel descrivere la capitale della Germania comunista, gli autori Battiato, Giusto Pio e Alfredo Cohen, avessero drammaticamente anticipato quel regime che, sotto le spoglie della (falsa) sicurezza sanitaria, ha condizionato le nostre vite in quest’anno di pandemia.

Gli ingredienti ci sono tutti. Il coprifuoco (“e la sera rincasavo sempre tardi, solo i miei passi lungo i viali”), i delatori di Stato (la bidella che “ritorna dalla scuola” per spiare, con la scusa dell’aiutino per i lavori di casa, la moglie dell’intellettuale idealista), l’atteggiamento pedagogico del potere (non c’è spazio per frivolezze, si può ascoltare solo Schubert: pare di vedere politici e tecnici che si producono in dotte spiegazioni su quali attività sono o non sono “essenziali”). E naturalmente, c’è la limitazione agli spostamenti: non si può valicare il Muro che, di fatto, separa due aree della stessa città. Come da noi in zona rossa, con la regola della “prossimità alla propria abitazione”, si possono fare soltanto “quattro passi fino alla frontiera”.

È con questo spirito che vi riproponiamo l’ascolto del brano, ricordando che anche Battiato invitava sempre a diffidare di utopie e promesse di perfezione in terra. È proprio in un altro suo pezzo, Prospettiva Nevski, che si legge una delle più sintetiche ma più profonde critiche al comunismo e alle sue promesse basate sul mito del sol dell’avvenire: “E il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”.