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La prova che i vaccini non ci stanno salvando

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di Paolo Becchi, Nicola Trevisan e Giovanni Zibordi

Questo post è un po’ lungo. Se non avete qualche ulcera allo stomaco prendetevi un buon vino da meditazione, e se siete di sesso maschile (si può ancora dire?) accendetevi anche mezzo toscano, al gentil sesso (si può ancora dire?) consigliamo una sigaretta. Ovviamente il post è adatto anche ai non fumatori e a coloro che bevono solo barbera. Per gli ansiosi di ogni genere anche trans una tisana di valeriana può essere d’aiuto.

L’articolo di Paolo Becchi e Nicola Trevisan del 15 luglio sull’effetto di vaccini nel Regno Unito I dati sulla variante Delta che non troverete sui giornali  ha oltrepassato nel frattempo le 180 mila visualizzazioni e ha destato scalpore, come si suol dire, perché analizzando i dati ufficiali inglesi mostrava, tra le varie cose, che i decessi Covid per la variante Delta erano in maggioranza tra i vaccinati.

L’articolo ha ricevuto insulti e critiche persino da parte di un Istituto di ricerca che neppure ci menziona e noi ricambiamo volentieri la cortesia. Appena sfiori le centomila visualizzazioni scattano le censure in rete, ma in questo caso non era possibile cancellare il post perché si sarebbe dovuto bloccare il Ministero della salute inglese, dal momento che l’articolo riportava dati ufficiali, e allora se non si riesce a bloccare il post, che tra l’altro ormai era diventato virale, si liberano “i cani da guardia” assetati di sangue.

Niente da obbiettare, fanno il loro lavoro. Ma lo fanno anche male perché questi esperti sono costretti ad ammettere che la mortalità Covid è concentrata tra gli ultrasettantenni e in particolare oltre gli ottantenni e questi sono in UK tutti vaccinati, mentre adulti e giovani sono meno vaccinati. È vero quindi che ci sono dei vaccinati che muoiono lo stesso con Covid, e ci sono più morti tra i vaccinati semplicemente perché sono gli anziani a morire con Covid. E gli anziani sono tutti vaccinati. E allora? Dove sarebbe – dolce maestrina – l’errore da matita blu dell’articolo di Becchi e Trevisan?

Dalla critica che ci è stata rivolta emerge tuttavia la cosa che da tempo sosteniamo e cioè che la mortalità Covid per i 30 o 40enni è praticamente inesistente. Ad esempio, in Italia Istat mostra che i morti Covid sotto i 50 anni sono circa lo 0,1% e il 99% dei morti Covid sono sopra i 64 anni. Si parla sempre della Covid19 come di una pandemia che minaccia la sopravvivenza della specie umana, ma non è vero, in realtà se si guarda la distribuzione per età in Italia minaccia circa 10 milioni di italiani su 60 milioni. L’italiano medio non ha 81 anni e già almeno due patologie come il deceduto medio Covid. L’italiano medio ha 44 anni circa, lavora, non è malato e non ha molto da temere dal Covid. Anzi semmai ora è incazzato come una iena perché nonostante si sia vaccinato le cose non sono molto cambiate. Ovviamente è tutta colpa dei non vaccinati…

Torniamo ai dati inglesi discussi sui morti Covid vaccinati e non vaccinati. I morti Covid vaccinati sono di più perché sono molto di più gli anziani che muoiono di Covid e questi sono tutti vaccinati. Con questa critica i nostri oppositori scoprono l’acqua calda, ma ok, contenti loro.  Altrettanto vero è che negli ultimi mesi (diciamo da febbraio a luglio), la mortalità Covid inglese sia calata allo 0,1% (cioè un contagiato su 1,000 muore), mentre prima era intorno all’1,2% (cioè 12 contagiati su 1,000 morivano) (arrotondiamo i numeri). Ci sta anche questo, ma la mortalità Covid (o letalità del virus, il “CFR” “Case Fatality Rate”) è misurata non sulla intera popolazione, bensì sui contagiati per cui dipende innanzitutto da quanti tamponi si fanno. Ora se ne fanno cinque volte di più di un anno fa e quindi, ceteris paribus, si rilevano più contagiati per cui il denominatore aumenta e il rapporto decessi/contagiati, la “letalità” del virus, di conseguenza cala, ma solo perché si fanno più tamponi. In secondo luogo, la letalità dipende da che periodo dell’anno si confrontano i dati, perché anche l’anno scorso i contagi, gli ospedalizzati e i morti Covid erano crollati da maggio a luglio, senza che ci fosse vaccinazione.

Lasciamo perdere per ora i contagiati che in UK sono esplosi e circa 40 volte di più di un anno fa. Questo può essere usato come argomento per inficiare l’utilità dei vaccini, ma è anche vero – noi non bariamo – che si fanno 5 volte più tamponi di un anno fa.

Inoltre, i tamponi sono stati criticati da molti, in quanto non esiste una linea comune di analisi, perché in alcuni paesi vengono tarati a cicli di amplificazione vicini 40-50, quando studi indicano che (un valore di ciclo massimo applicabile affinché non venga dato un esito senza significato dal punto di vista di carica virale e contagiosità dell’individuo), non deve superare i 25-30 30 cicli, altrimenti la letteratura scientifica prevalente indica che non sono affidabili. A tal proposito l’Oms per evitare questo numero sempre più elevato di falsi positivi completamente asintomatici e con cariche virale nulle, in una sua nota del 13/01/2021 dichiara come “…È necessaria un’attenta interpretazione dei deboli positivi… La soglia del ciclo necessaria per rilevare il virus è inversamente proporzionale alla carica virale del paziente”.

Fonte: https://www.who.int/news/item/20-01-2021-who-information-notice-for-ivd-users-2020-05

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