3. Interrogazione del 17 novembre 2017. «Il 18-20 febbraio 2014, nell’ambito del conflitto ucraino, sono rimaste uccise almeno cento persone in piazza Maidan, a Kiev. In controtendenza rispetto alla versione immediatamente fornita dai media internazionali, alcune intercettazioni emerse hanno rivelato che la strage sarebbe stata compiuta da cecchini agli ordini della nuova coalizione filo-occidentale. In particolare: a tre anni di distanza dai fatti, un servizio d’inchiesta ha portato alla luce le confessioni di alcuni degli stessi cecchini di Maidan che hanno ammesso come dietro la strage di dimostranti e poliziotti non ci fossero gli uomini del presidente filo-russo Viktor Yanukovich, ma piuttosto i capi dell’opposizione appoggiata dall’Unione europea. Secondo queste testimonianze, si chiede alla Commissione: intende chiarire la propria posizione, alla luce delle rivelazioni emerse? Ritiene opportuno avviare un’inchiesta? Non ritiene di dover riconsiderare gli equilibri nell’area, il riconoscimento delle aree di competenza e l’incondizionato appoggio oggi garantito al governo di Kiev?»
4. Risposta del 22 gennaio 2018 da parte della Commissione Ue. «La Unione Europea annette grande importanza alle indagini sui tragici avvenimenti di piazza Maidan (2013-2014) e di Odessa (2 maggio 2014). L’Unione ha esortato più volte, anche in occasione del dialogo regolare con l’Ucraina sui diritti umani, a svolgere le debite indagini su tutti gli atti di violenza e su tutte le violazioni dei diritti umani e a consegnare i responsabili alla giustizia».
I fatti sono che ad oggi il governo ucraino non ha punito nessuno per gli eccidi di piazza Maidan, di Odessa e, men che meno, in Donbass. La Russia chiede giustizia da 8 anni senza ottenerla: diceva Cicerone che chi non ottiene giustizia dalle aule dei tribunali, inevitabilmente la cerca nelle strade.
Simpatie neo-naziste
Poi c’è l’accusa delle simpatie neo-naziste del governo ucraino. L’accusa è dismessa come sicuramente falsa dai nostri mezzi di comunicazione perché Zelensky sarebbe ebreo. Senonché è un fatto che in alcune città ucraine sono issate statue e sono dedicate vie e piazze in onore di Stepan Bandera. Per esempio a Leopoli, a Kolomyia, a Novojavorivs’k. Basta cercare su Google Map per verificare. Chi è costui? Leggiamo su Wikipedia (che, evidentemente, non ha ancora provveduto a sbianchettare questa voce): «Stepan Bandera collaborò con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Quando le truppe sovietiche si ritirarono da Leopoli, con l’Atto di restaurazione dello Stato ucraino Bandera annunciò la creazione di uno Stato ucraino indipendente e dichiarò di voler sostenere i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler».
Statua in onore di Stepan Bandera a Lviv, Ucraina.
Insomma, tutte le accuse di Putin sembrano fondate: gli eccidi dal 2014 in poi, le simpatie naziste del governo ucraino (che nasce dalle ceneri del colpo di stato del 2014), la minacciosa militarizzazione dell’Ucraina. Personalmente mi pongo due domande.
Primo, mi chiedo se per caso questa azione aggressiva di Putin non abbia scongiurato un futuro conflitto mondiale, ben possibile se l’Ucraina fosse nella Nato. Si può obiettare che se l’Ucraina fosse stata nella Nato la Russia non l’avrebbe attaccata. Già, ma questo significa che la persecuzione delle minoranze russe in Ucraina non sarebbe cessata.
Secondo, mi chiedo se Putin non avrebbe potuto usare altre armi per raggiungere lo scopo. Per esempio, sanzioni, tipo la chiusura dei rubinetti di gas verso l’Europa: sembra poco credibile che la Russia abbia bisogno di vendere gas all’Europa, visto che ha altri clienti, da alcuni dei quali l’Europa – che geni – si approvvigionerebbe acquistando indirettamente, a prezzo più alto, gas russo. Quindi, no, sembra proprio di no: Putin aveva il dovere di smantellare la struttura militare offensiva che si stava costruendo in Ucraina. Che alla fine ci riesca, è un’altra storia. Ma io, esaminato tutto l’esaminabile, sto con la Russia.
Franco Battaglia, 4 aprile 2022