Dopo aver riflettuto a lungo, ho deciso di rompere ogni indugio. Se, messo con le spalle al muro fossi costretto a scegliere, ebbene: io sto con Putin. E voglio cogliere subito l’occasione di obiettare a Maria Giovanna Maglie (che stimo tanto che, come dissi a suo tempo, l’avrei ben vista al Quirinale), la quale ha ipotizzato che chi sta con Putin lo fa perché attira (o fa comodo) stare con l’uomo forte e potente. Cara Maria Giovanna, guardi che qui il più forte, potente (e prepotente) è Biden.
Perché l’Occidente ha scelto Zelensky
Capisco che mi meriterò le invettive dell’universo mondo occidentale, ma pazienza. Il mondo occidentale è il mio mondo e non lo cambierei con alcun altro dei mondi reali. Di quelli possibili, che stanno nell’Iperuranio platonico, non voglio occuparmene. Quello occidentale è il mondo che ho la presunzione – o l’illusione – di ritenere il migliore e lo reputo a me amico. Senonché, per deformazione professionale, tendo a prendere molto sul serio il monito amicus Plato, sed… etc. Col che non voglio dire di essere io detentore della verità – ci mancherebbe – ma solo che cerco, per quanto possibile e con tutti i miei difetti e limiti, di perseguirla.
Quali sono le argomentazioni di chi sta con Zelensky? Certamente non il fatto che le guerre vanno condannate a prescindere: purtroppo le guerre fanno parte delle cose del mondo, ove troppe ve ne sono. Esse sono l’equivalente tra nazioni di ciò che accade, quotidianamente, tra i singoli umani, una specie che non ci vuole molto sforzo a chiamare imperfetta e, se non spesso, sicuramente a volte, stupida. Posto quindi ciò, quando ci sono due contendenti, si può scegliere di stare dalla parte di uno dei due, o per convenienza o per convinzione. Naturalmente si può anche decidere di stare a guardare. Il fatto è che il mio mondo occidentale, quello che io amo e che reputo amico, ha scelto. O meglio: quelli che contano hanno scelto, e hanno scelto Zelensky. Quanto a me, prima di adeguarmi voglio capire.
Allora: quali sono le argomentazioni di chi sta con Zelensky? Naturalmente parlo delle argomentazioni dichiarate, perché le eventuali non dichiarate possiamo solo immaginarle, ma qui scegliamo di non esercitare la fantasia e ci atteniamo alla realtà così come ci viene raccontata da chi sta con Zelensky. V’è, di fatto, una sola argomentazione dichiarata per la scelta fatta, ed è la seguente. «La Russia ha aggredito l’Ucraina, una nazione sovrana, cosicché la Russia è un aggressore e a essa va tutta la nostra condanna; mentre all’Ucraina, che è stata aggredita, va tutto il nostro sostegno morale e, possibilmente, materiale». Non mi pare vi siano altre motivazioni dalla parte della Ue e degli Usa.
Le ragioni di Putin
L’argomentazione dell’altra parte per giustificare ciò che essa chiama non “guerra” ma “operazione militare speciale” è, innanzitutto, che a essa la Russia vi è stata costretta. Ad ascoltare le dichiarazioni dell’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov, nei mesi precedenti l’inizio dell’invasione, Putin aveva lamentato, in Ucraina, la colpevole costruzione di una struttura militare minacciosa verso la Russia, e aveva richiesto una soluzione della sgradevole circostanza sia a Washington che agli altri Paesi della Nato. È vero? Non è vero? Per saperlo basta tornare indietro nel tempo. Nel mio precedente pezzullo ho già citato l’articolo “mano-tesa/ultimatum” di Putin del 12 luglio 2021. Ma spingiamoci fino al 23 dicembre 2021 e riportiamo le seguenti parole di Putin in pubblica conferenza-stampa, ove il presidente russo lamenta che nel Donbass (abitato da russi così come il nostro Sudtirolo è abitato da tedeschi) dopo il 2014 il governo ucraino era intervenuto con due operazioni militari provocando il genocidio di 14 mila civili russofoni).
Dice Putin: «Abbiamo l’impressione che il governo Ucraino stia preparando una terza operazione militare e, mettendo le mani avanti, ci avverte di non immischiarci e di non pensare di intervenire in difesa di quella gente, perché – dicono – se intervieni e li difendi, ci saranno altre sanzioni. E noi dobbiamo essere pronti per questa evenienza. Ma le nostre azioni dipenderanno non dal processo di negoziazione quanto piuttosto dalle garanzie sulla sicurezza incondizionata della Russia. A questo proposito, lo abbiamo detto in modo chiaro ed esplicito: ogni ulteriore espansione a est della Nato è inaccettabile. Cosa c’è di ambiguo qui? Forse noi stiamo mettendo missili ai confini degli Stati Uniti? No! Sono gli Stati Uniti che vengono qui coi loro missili. Essi sono già alle nostre porte».
Ci si può chiedere se, per caso sono, quelli detti (attentato alla sicurezza di Mosca, eccidi di Maidan, di Odessa, nel Donbass), immaginazioni senza riscontro con la realtà. Orbene, quanto al timore di missili Nato a 600 km da Mosca, esso era ben fondato, visto che Zelensky dichiarò di aver capito che l’Ucraina non può stare nella Nato un buon mese dopo l’inizio dell’invasione russa. Quanto agli eccidi: le informazioni che per anni potevano leggersi su Wikipedia su quello di Odessa sono state sbianchettate e revisionate pochi giorni fa. In ogni caso, Wikipedia non è una fonte attendibile, e val la pena citare in proposito alcune interrogazioni di parlamentari Ue alla Commissione Europea.
Il ruolo dell’Unione europea
1. Interrogazione del 7 novembre 2014. «Il 2 maggio scorso, ad Odessa, è avvenuta una strage, davanti e all’interno della Casa dei sindacati, che ufficialmente ha provocato 48 vittime. Tuttavia, secondo stime non ufficiali, i caduti potrebbero essere anche 150, cui vanno aggiunte diverse centinaia di feriti scampati per poco all’eccidio. I morti sono tutti di nazionalità ucraina e di etnia russa. La versione ufficiale delle autorità ucraine è stata da più parti messa in discussione. Tuttavia, le autorità di Kiev e di Odessa non hanno, a quanto è dato sapere, effettuato alcuna indagine approfondita, né individuato alcun colpevole. Numerosi indizi suggeriscono che non è stato il presunto incendio dell’edificio a uccidere coloro che si trovavano all’interno, lì rifugiatisi per non essere massacrati in strada, bensì sono stati colpi di arma da fuoco o armi di altro genere. Esistono filmati che mostrerebbero poliziotti sparare sui disperati che cercavano di fuggire dalle finestre e tutte le prove disponibili indicano che gli assedianti intendevano uccidere. A fronte di tale inaccettabile massacro, può la Commissione far sapere se ritiene opportuno esprimere una ferma condanna dell’accaduto e adottare posizioni in materia di politica estera che aiutino a prevenire il ripetersi di simili drammatici eventi?»
2. Risposta del 23 marzo 2015 da parte della Commissione Ue. «Nelle sue conclusioni del 12 maggio 2014 il Consiglio Affari esteri ha dichiarato quanto segue: “I tragici eventi di Odessa del 2 maggio, che hanno provocato la morte e il ferimento di numerose persone, devono essere investigati in modo accurato e tutti i responsabili devono essere consegnati alla giustizia”».
3. Interrogazione del 17 novembre 2017. «Il 18-20 febbraio 2014, nell’ambito del conflitto ucraino, sono rimaste uccise almeno cento persone in piazza Maidan, a Kiev. In controtendenza rispetto alla versione immediatamente fornita dai media internazionali, alcune intercettazioni emerse hanno rivelato che la strage sarebbe stata compiuta da cecchini agli ordini della nuova coalizione filo-occidentale. In particolare: a tre anni di distanza dai fatti, un servizio d’inchiesta ha portato alla luce le confessioni di alcuni degli stessi cecchini di Maidan che hanno ammesso come dietro la strage di dimostranti e poliziotti non ci fossero gli uomini del presidente filo-russo Viktor Yanukovich, ma piuttosto i capi dell’opposizione appoggiata dall’Unione europea. Secondo queste testimonianze, si chiede alla Commissione: intende chiarire la propria posizione, alla luce delle rivelazioni emerse? Ritiene opportuno avviare un’inchiesta? Non ritiene di dover riconsiderare gli equilibri nell’area, il riconoscimento delle aree di competenza e l’incondizionato appoggio oggi garantito al governo di Kiev?»
4. Risposta del 22 gennaio 2018 da parte della Commissione Ue. «La Unione Europea annette grande importanza alle indagini sui tragici avvenimenti di piazza Maidan (2013-2014) e di Odessa (2 maggio 2014). L’Unione ha esortato più volte, anche in occasione del dialogo regolare con l’Ucraina sui diritti umani, a svolgere le debite indagini su tutti gli atti di violenza e su tutte le violazioni dei diritti umani e a consegnare i responsabili alla giustizia».
I fatti sono che ad oggi il governo ucraino non ha punito nessuno per gli eccidi di piazza Maidan, di Odessa e, men che meno, in Donbass. La Russia chiede giustizia da 8 anni senza ottenerla: diceva Cicerone che chi non ottiene giustizia dalle aule dei tribunali, inevitabilmente la cerca nelle strade.
Simpatie neo-naziste
Poi c’è l’accusa delle simpatie neo-naziste del governo ucraino. L’accusa è dismessa come sicuramente falsa dai nostri mezzi di comunicazione perché Zelensky sarebbe ebreo. Senonché è un fatto che in alcune città ucraine sono issate statue e sono dedicate vie e piazze in onore di Stepan Bandera. Per esempio a Leopoli, a Kolomyia, a Novojavorivs’k. Basta cercare su Google Map per verificare. Chi è costui? Leggiamo su Wikipedia (che, evidentemente, non ha ancora provveduto a sbianchettare questa voce): «Stepan Bandera collaborò con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Quando le truppe sovietiche si ritirarono da Leopoli, con l’Atto di restaurazione dello Stato ucraino Bandera annunciò la creazione di uno Stato ucraino indipendente e dichiarò di voler sostenere i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler».
Statua in onore di Stepan Bandera a Lviv, Ucraina.
Insomma, tutte le accuse di Putin sembrano fondate: gli eccidi dal 2014 in poi, le simpatie naziste del governo ucraino (che nasce dalle ceneri del colpo di stato del 2014), la minacciosa militarizzazione dell’Ucraina. Personalmente mi pongo due domande.
Primo, mi chiedo se per caso questa azione aggressiva di Putin non abbia scongiurato un futuro conflitto mondiale, ben possibile se l’Ucraina fosse nella Nato. Si può obiettare che se l’Ucraina fosse stata nella Nato la Russia non l’avrebbe attaccata. Già, ma questo significa che la persecuzione delle minoranze russe in Ucraina non sarebbe cessata.
Secondo, mi chiedo se Putin non avrebbe potuto usare altre armi per raggiungere lo scopo. Per esempio, sanzioni, tipo la chiusura dei rubinetti di gas verso l’Europa: sembra poco credibile che la Russia abbia bisogno di vendere gas all’Europa, visto che ha altri clienti, da alcuni dei quali l’Europa – che geni – si approvvigionerebbe acquistando indirettamente, a prezzo più alto, gas russo. Quindi, no, sembra proprio di no: Putin aveva il dovere di smantellare la struttura militare offensiva che si stava costruendo in Ucraina. Che alla fine ci riesca, è un’altra storia. Ma io, esaminato tutto l’esaminabile, sto con la Russia.
Franco Battaglia, 4 aprile 2022