A volte sembra che le nostre vite – almeno quelle di chi lo ama e lo segue, proprio come si seguiva con lo sguardo il fondoschiena di Donna Jordan – girino tutte intorno al calcio e che il calcio si diverta ogni tanto a dare un calcio alle nostre vite. Sembra, appunto, ma non è così. Perché – vedete – di questa storia di Michel Platini, che votò per il Mondiale in Qatar e prima di dir sì pranzò con il presidente francese Nicolas Sarkozy che gli disse che sarebbe stato bene votare per il Qatar, non resterà nulla se non una punizione che si vuole infliggere al più grande calciatore di punizioni che ci sia stato.
Che cos’è un calcio piazzato tirato al limite dell’area di rigore che mette il pallone all’incrocio dei pali? È una beffa come quella fatta nella Firenze del Quattrocento da Filippo Brunelleschi ai danni del Grasso legnaiuolo sfidando le leggi fisiche allo stesso modo di come il grande architetto sfidò le leggi del Creato con la cupola di Santa Maria del Fiore. Platini quando tirava le sue punizioni non era, come lo si chiama tutt’oggi, Le Roi – il Re Sole del pallone -, bensì un architetto che faceva prima salire e poi scendere, quasi a foglia morta come faceva il piede sinistro di Dio: Mariolino Corso, il pallone calciato come uno scherzo fatto al destino, più che uno scherzo del destino. Le punizioni di Platini erano uno stato di grazia e la grazia, che ha qualcosa di naturale e di raffinato, di donato e di conquistato, non si perdona. La punizione di oggi è per le punizioni di ieri.
Non sta scritto da nessuna parte che gli uomini debbano essere perfetti, onesti, immacolati. Questa sciocchezza è scritta solo nell’invidia rabbiosa dei nostri tempi cialtroni che hanno innalzato i piccini risentiti pensierini dell’uomo men che mediocre a criterio morale per giudicare le vite degli altri e la vita del mondo. Se questa rabbia potesse arresterebbe il mondo intero incolpandolo di essere vivo e rotondo, come è viva e rotonda la vita che rotola come un pallone. Platini è stato un giocatore ironico – il Gioco è ironico di per sé e chi non l’ha capito è un coglione – e grazie all’ironia sapeva stare seriamente in campo, proprio come ha fatto poi nel campo più vasto della vita in cui la lotta, i contrasti, gli inganni, le passioni, i mali corrono ancor più che in un campo di calcio e sono il sale della vita e della storia. Se la storia fosse il luogo della perfezione e della felicità – diceva giustamente un grande calciatore tedesco dell’Ottocento – mostrerebbe bianche le sue pagine. Intanto c’è storia in quanto c’è lotta, altrimenti davvero non ci sarebbe partita. E i grandi uomini sono come i grandi giocatori: non sono quelli che, paurosi, si tirano indietro per paura di sporcarsi la maglietta e i pantaloncini ma, al contrario, sono proprio quelli che partecipano alla lotta, si sporcano le mani e i piedi e in questa lotta conservano e maturano una signorilità con cui si manda avanti il mondo.
Ieri la polizia giudiziaria di Nanterre, alle porte di Parigi, ha fermato Platini e gli investigatori gli hanno fatto domande non solo sulla scelta dei Mondiali 2022 in Qatar ma anche sull’attribuzione alla Francia degli Europei 2016 e alla Russia dei Mondiali 2018 al posto dell’Inghilterra. Era il 1915 quando la stampa inglese tirò fuori la vicenda di un quadro di Picasso donato dai russi a Platini, ma la storia fu smentita. Peccato. Perché, questa sì, sarebbe stata perfetta: una sorta di storia cinquecentesca fatta di relazioni, arte, regali, disinganni, influenze e influssi ossia di quella eterna pasta di cui son fatte le vite degli uomini e delle donne, delle società e degli stati e per la quale il nostro tempo roso dall’invidia si è inventato l’ossessione della corruzione. Una fissazione ipocrita che vuole vedere reati dove ci sono scelte, errori dove ci sono decisioni, crimini dove ci sono (forse) vizi e un mondo senza vizi non solo non è degno di essere vissuto ma è anche impossibile da vivere perché sarebbe inesistente.