Cultura, tv e spettacoli

La Rai, la fiction su Moro e la storia sempre a senso unico

Cultura, tv e spettacoli

Premetto che non ho visto la fiction su Moro, ma dalle reazioni ho capito di aver fatto bene perché dev’essere stata come immaginavo. Gerard Depardieu, attore francese “arrivato” e che, perciò, può permettersi di dire quel che pensa (a proposito, che fine ha fatto, lui che aveva preso la cittadinanza russa per fare un dispetto al governo francese?), in una vecchia intervista sul Corsera (mi pare) qualificò il registi italiani come «comunisti con le case», intendendo per «case» le ville faraoniche con piscina.

E in effetti, tutto l’ambiente è così. Infatti, il regista Renzo Martinelli fece anche lui un film sul caso Moro, Piazza della Cinque Lune, ma nessuno se lo filò perché, gramscianamente, non descriveva i comunisti come i buoni e i democristiani e i socialisti come i cattivi. Pensate a quanti film hanno fatto su Portella delle Ginestre, tutti a narrazione univoca. Perfino un’autobiografia come Baarìa è il solito salmo che finisce in gloria.

Vedete, bastano pochi anni perché un ragazzino diventi un giovanotto, e raccontare continuamente il passato in un certo modo serve a educare – sempre gramscianamente – le nuove generazioni. Chi aveva l’età per capire e ragionare, sempre riguardo alla vicenda Moro, col tempo diventa vecchio, fuori dai giochi e poi muore. Così, rivangare sempre le stesse cose, avendo cura all’angolazione, serve a istruire chi non c’era. Il risultato c’è: un Montesano con la maglietta della Decima viene cacciato, un Germano che arriva al Lido salutando a pugno chiuso viene premiato.

Ci sono in Italia una sessantina di istituti per la storia della Resistenza, che quando Romolo Gobbi scrisse Il mito della Resistenza, titolo ch’era tutto un programma, fu cacciato a pedate dall’università. Così che anche un mostro sacro come Andrea Camilleri, l’unico con Meridiano Mondadori quand’era ancora vivente, raccontò di aver preso la tessera Pci nel 1943. Se sia vero non è dato sapere, però è un’uscita significativa. Mentre gli altri si affannavano ad arraffare ministeri supposti importanti, Togliatti si pigliava quello della Giustizia e seminava di uova di drago la cultura.

Eh, nelle democrazie di massa la propaganda è tutto, come sa bene Trump che, pur avendo vinto le MidTerm, tutto il mondo crede che abbia perso. Voi mi direte: ma alla Rai non lo sanno? Oh, sì, ma la polemica fa audience e i direttori di questo&quello puntano alla riconferma esibendo i dati degli ascolti. Che uno spettatore ascolti e guardi sputando sul televisore a loro non interessa: ha visto, ha sentito ed è stato conteggiato. Après-moi le déluge. In base a questa strategia aspettiamoci un Sanremo al pepe di cayenna, infatti hanno riconfermato il geniale conduttore.

Come se ne esce? Cambiando canale. Sempre? Sempre. Renzi ci ha messo il canone in bolletta. Vediamo che cosa escogiteranno. Comunque, l’unica è il silenzio. Ignorare. È la cosa che più temono. Altro che polemiche, dichiarazioni alla stampa, indignazioni. Se non facessi il mestiere che faccio avrei già portato il televisore in discarica. Certo, poi farebbero un legge per costringermi a pagare il canone perché ho il computer e il telefonino. Ma intanto sarebbe un primo passo. Ogni lunga marcia comincia con un passo solo, diceva Mao. Tutto fa, disse la vecchina toscana pisciando in Arno in tempo di siccità.

Rino Cammilleri, 19 novembre 2022