La risibile rivolta degli inattivi

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Ho alcuni amici radical chic. Loro sorridono sul mio essere apòta, io ricambio il sorriso del loro essere radical chic. In comune abbiamo solo la Ztl, siamo lontani come valori, come stile di vita, come postura intellettuale verso il futuro. Però c’è un però: siamo amici. Loro hanno almeno due famiglie, a volte tre, sono sempre stati curiosi gomitoli di avanguardismo sessuale.

Poi, con il passare degli anni, al ridursi della carica ormonale, il virus si è spento e queste famiglie multiple, la vecchia e le nuove, hanno trovato intelligenti compromessi. Io non sarei capace né a concepirli né a praticarli. Per questo li ammiro. Quando seppero che le città stavano per “chiudere” causa virus (dentro la manovalanza, i vecchi, i ragazzi, i poveri, i medici e gli infermieri, fuori virologi, giornalisti e noi élite), si trasferirono, con selezionati famigli, nella loro residenza ritenuta più idonea. Uno andò in Provenza, l’altro in Toscana. I posti giusti, specie in primavera, per lo smart working. Così i miei amici di New York, hanno chiamarono l’elicottero, e via verso gli Hamptons, con brivido Saigon style.

Dopo mesi di lockdown il solco culturale fra noi si è molto ampliato, dove io vedevo crisi e problemi loro vedevano rimbalzo e opportunità. Io esulterei per una ripresa a “J”, per loro sarà a “V”. Per me lockdown significa perdita di libertà fondamentali, per loro acqua caraibica nei canali di Venezia. Poi la battuta spiazzante: “Caro Riccardo, basta l’idiota corsa ai consumi. Dopo il “virus” il nostro abbigliamento cambierà, via i capi sofisticati, solo “profili amish”. Qua mi sono inginocchiato, come un servo qualsiasi, rapito: avevano coniato una metafora sublime. Amish per intendere il rigore luterano all black tornato di moda dopo Minneapolis. Sono fantastici, come le anguille rostrate della Baia di Chesapeake (ricordate il tontolone Ted Kennedy?): di notte escono a cacciare, di giorno rimangono nascoste nel fango.

Al lockdown hanno risposto con un uso selvaggio del termine “basico”, basico il momento, basico il cibo fattosi contadino, basici i prodotti per la pelle, identici fra maschi e femmine, giovani e maturi. Il lockdown come bellezza e salute. Al mattino tanta crema idratante sul viso e protezioni australiane. Alla sera una radicale pulizia con latte detergente. Ne sono conseguite scelte dolorose. Primo, lasciar riposare i capelli, lavandoli solo settimanalmente con l’ultra nutriente, seppur fascistoide (orrore) olio di ricino. Secondo, zero mascara per due mesi. Dalle foto di fine lockdown, emergono con volti lappati come ex voto della Consolata. Intellettualmente non li riconosco più, dopo il “virus” si sono incattiviti. Perché se dal virus ne escono più ricchi, più potenti? Infine ho capito, hanno un rovello nascosto: temono la rivolta degli “inattivi” I loro figli giocano a buttare giù le statue, gli “inattivi” butteranno giù loro? Risibile.

Li ho tranquillizzati: avete lavorato bene in termini di comunicazione (è stato un terrorismo colto e incipriato il vostro, chapeau!). La manovalanza ha accettato, ottusamente, di passare da lavoratori, a precari, a disoccupati, e ora a inattivi. Ancora una spintarella, in autunno, con il ritorno di un semivirus spagnoleggiante targato Oms, e sono maturi per il divano di cittadinanza (basico, of course)”.

Riccardo Ruggeri, 29 giugno 2020

Zafferano.news

 

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