Il G20 dell’ottobrata romana, dei manicaretti e delle foto di gruppo è un ballo in mascherina o Excelsior o sul Titanic ma il capo americano Joe Biden ha detto all’italiano Mario Draghi: vai avanti così, che stai ridisegnando la democrazia. L’altro ha incassato con sorriso un po’ dentato, alla Fantozzi ma non c’è dubbio che la democrazia tecnocratica di Draghi sia qualcosa di inedito per gli standard occidentali: una democrazia repressiva, tutta a togliere sul lato dei diritti individuali per traslarli su un neodirigismo statalista che si regge su due capisaldi tra loro interdipendenti, il vaccino e il green pass. Ne deriva uno stato di blocco diffuso, di involuzione che non ha preoccupato i regnanti al G20 ma continua a preoccupare gli osservatori internazionali i quali lo inseriscono nel contesto della nuova guerra fredda tra Cina e Usa. Vaccino e green pass.
Quanto al primo, il generale Figliuolo annuncia la campagna sulla quarta dose, dando per scontata la terza anche ai bambini da 3 anni in su ed è già partita la grancassa di opinionisti a vario titolo, sollevapalette, provocatori a gettone e biologi o immunologhi scatenati. Ma il cronista intercetta un’altra fonte, quella di un medico oncologo finito in America ad occuparsi precisamente di vaccini anticovid: prima collaborando nella preparazione, quindi occupandosi delle cosiddette reazioni avverse. Cosa dice il nostro cervello in fuga che valuta le conseguenze dell’elisir di corta vita, nel senso che dopo sei mesi bisogna rifarlo? Dice cose complicate che mi provo a riassumere come segue. Anzitutto parla di deltatumore, ossia l’indice di cancerogenità legato al vaccino per il Coronavirus; un indice di rischio che, secondo l’esperto, risulta bassissimo, quasi irrisorio in un cinquantenne e oltre che abbia condotto una vita senza particolari esigenze salutiste, vale a dire fumatore, bevitore il giusto, non maniaco delle diete eccetera; se questo individuo si ammala a gioco lungo, sarà per le sue abitudini acquisite più che per il vax.
Il deltatumore, d’altra parte, cresce col regredire dell’età. Per cui, ammonisce lo scienziato, non andrebbe per nessun motivo somministrato a bambini e ragazzini in età adolescenziale. E ribadisce: per nessun motivo. Quindi aggiunge che il vaccino, fino a 30 anni, è pressoché inutile. Precisa inoltre che chiunque ripeta che questi vaccini hanno concluso il loro ciclo di verifica, è un cialtrone: la sperimentazione è se mai nel pieno, viene condotta – necessariamente – sui miliardi di assuntori in tutto il pianeta e si dovrebbe ragionevolmente concludere non prima del maggio 2023. La verità, conclude il medico, è che ancora siamo lungi dal nutrire certezze quanto a effetti collaterali protratti nel tempo. Questo il cronista registra. Poi si potrà discutere o anche ignorare la testimonianza, che tuttavia è senza coloranti né conservanti; e proviene da uno che i vaccini ha contribuito a farli e ora li studia.
Quanto alla seconda issue, il green pass, non se ne esce, anzi Draghi sembra sempre più rigido nel mantenerlo e persino potenziarlo. Scienziati ultrà come Lopalco lo vogliono “anche per respirare”, Speranza non chiede di meglio e il suo vice, Sileri, ne ipotizza il ricorso “almeno fino all’estate prossima” dietro ricatto di nuove chiusure. Le piazze ribollono di proteste, ma senza conseguenze apprezzabili anche perché si risolvono in liturgie che non disturbano davvero nessuno. A Trieste il Brancaleone Puzzer un po’ piange, un po’ canta e fonda e affonda un comitato la settimana: le intenzioni saranno pure nobili, ma i risultati sono non pervenuti. Ora, non potendo ragionevolmente invocare una guerriglia di tipo terroristico, che fare? Servono certamente forme di protesta non violente ma allo stesso tempo incisive; una potrebbe essere uno sciopero generale, generalissimo del lasciapassare. Utopistico, forse, ma se davvero il Paese non vuole ritrovarsi incatenato e, chissà, stritolato da nuovi coprifuoco, non si vede quale altra scelta adottare se non la coesione sociale nel rifiuto.
Una rinuncia al green pass dovrebbe unire tutti o almeno la stragrande maggioranza, che il QR ce l’abbiano oppure no: tu mi vieti il transito, l’accesso, il viaggio, il lavoro? Bene, ne prendo atto, però siamo milioni e milioni e anche chi potrebbe sfoderarlo, il QR, ne fa a meno. A quel punto il Paese si paralizza, però la responsabilità ricade tutta sul governo, perché se il grosso del popolo rifiuta una norma repressiva, o il governo ne prende atto oppure conclama la sua attitudine autoritaria. Ma a quel punto non ha più vie di uscita se non instaurare una improbabile dittatura militare. Comunque un rischio da accettare in luogo di una dittatura progressiva, strisciante, morbida ma micidiale come le spire di un boa. Tutto il resto, le fiaccolate, i cori, le gite del sabato coi cartelli, è molto coreografico, molto sentimentale, otto-novecentesco, ma ha dimostrato di non risolvere niente, anzi di rafforzare il regime che piace, per ragioni diverse, alla Cina di Xi e all’America di Biden che incita Draghi, “vai avanti”. Avanti verso un sicuro strapiombo.
Max Del Papa, 1° novembre 2021