Si tratta di un vero e proprio braccio di ferro, quello che in queste ultime settimane si è posto tra i vertici dell’Unione Europea ed una larga fetta di Stati del Vecchio Continente. Dopo l’ultima follia green, dove un gruppo di sei giovani portoghesi ha deciso di portare in giudizio 32 Paesi Ue per omissioni relative alle politiche di contrasto al cambiamento climatico, ora è mezza Europa a levare gli scudi contro gli eco-fondamentalisti.
Il fallimento delle politiche green
Partiamo innanzitutto dalla Gran Bretagna, dove il primo ministro Sunak ha dichiarato di voler ritardare lo stop alla vendita di auto diesel e benzina a partire dal 2035. A ciò, si aggiunge l’allarme lanciato dai consiglieri climatici britannici, i quali hanno annunciato che il Regno Unito non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo di zero emissioni nette a metà secolo. Un annuncio che ha portato lo stesso Sunak a ridimensionare gli obiettivi per il riscaldamento globale fino al 2035.
Ma le novità arrivano anche dalla green Germania, la quale ha deciso di bloccare le politiche sui standard di isolamento degli edifici più rigorosi, dopo le lamentele del mondo industriale relative agli eccessivi costi da sostenere. Inoltre, come riportato da Reuters: “I rappresentanti dell’industria aeronautica, tra cui il Ceo di Lufthansa, Carsten Spohr, hanno anche avvertito che non sarà possibile raggiungere i nuovi obiettivi di carburante sostenibile per l’aviazione (SAF) dell’UE con la produzione attuale”.
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Le soprese non finiscono qui, perché è un altro Stato che del green ha fatto il proprio pane, i Paesi Bassi, ad aver conosciuto un aumento vertiginoso nei sondaggi del partito BBB, in forte opposizione ai piani del governo di ridurre drasticamente l’inquinamento da azoto nelle aziende agricole, e che oggi sfiora il 10 per cento dei consensi.
Il caso Italia
Non poteva mancare neanche l’Italia, visto che l’esecutivo di Giorgia Meloni ha chiesto una radicale revisione della direttiva volta a migliorare l’efficienza energetica degli edifici, nonché la riscrizione dei piani per eliminare gradualmente le auto con motore a combustione ed una nuova discussione dei piani comunitari, volti alla riduzione delle emissioni industriali. Così come per Uk, anche Roma è in ritardo nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030.
Infine, non poteva mancare il grande nemico degli eco-ansiosi: la Polonia. Poche settimane fa, infatti, il governo Duda ha deciso di citare in giudizio Bruxelles a causa delle sue politiche green, che andrebbero a cagionare un danno irreversibile all’economia di Varsavia. Oggetto della denuncia è lo stop alla vendita dei veicoli a combustione dal 2035, l’aumento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni del blocco, la riduzione dei permessi gratuiti di Co2 e ciò che ha definito interferenza nella gestione forestale nazionale. Il tutto si aggiunge al fatto che la Polonia ha deciso di rinviare un piano per ridurre la sua dipendenza dal carbone, da tempo oggetto della politica energetica verde dell’Ue.