La rivoluzione di Javier Milei

Il presidente argentino che non piace alla sinistra: “afuera”, meno Stato e più privati. Perché piace a noi liberisti

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Vi devo dire la verità, erano 79 puntate, dalla prima che ho fatto di Stasera Italia, che avrei voluto parlare di lui. Avrei voluto parlare di Javier Milei che è diventato il presidente dell’Argentina. È un personaggio incredibile, un personaggio straordinario perché non so in quale pantheon si possa inserire, ma di certo in quello dei liberali, liberisti e anarcoliberisti.

Milei è completamente “fuori”, come vedete in questa sua espressione incredibile, da ogni canone dei governi occidentali o anche sudamericani di questo periodo. Milei ha una caratteristica fantastica, dice le cose che pensa e cerca di farle subito, immediatamente da cosa ne pensino gli altri, come dimostrato dalle prime decisioni prese appena è stato eletto presidente dell’Argentina.

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La Stampa dice che ora “tutto lo Stato è privato”. Dice che “la cura choc di Milei incendia l’Argentina”. Certo, le proteste ci sono, ma soprattutto c’è quello che lui ha fatto. O quello che ha annunciato: “meno Stato”, “più libertà”, “più privatizzazioni”, “più economia”, soprattutto diversa rispetto a quella a cui sono abituati gli argentini.

Quello che è successo in Argentina è sicuramente una rivoluzione. Anche di comunicazione. Lo si è definito un populista. Ma la prima cosa che ha detto nel suo discorso presidenziale è stato: “no plata, non abbiamo un euro e state attenti perché dovremo fare riforme o non riusciremo a portare avanti un paese che ha un debito pazzesco, che rischia di fallire per un’altra volta e ha un’inflazione al 140%”.

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