La violenza inaudita scatenata a Palermo da un branco di giovani contro una ragazza, drogata per l’occasione e poi abusata barbaramente dai suoi aggressori, ha letteralmente sconvolto l’opinione pubblica. Ciò che colpisce, aldilà dell’efferatezza e della ferocia dell’aggressione fisica ai danni della diciannovenne, sono le chat con i dialoghi tra gli stupratori, così come le frasi pronunciate dagli stessi ragazzi davanti ai magistrati. Una su tutte, lascia a dir poco inorriditi per l’inumanità e la spietatezza del branco: “Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro cento cani sopra una gatta, una cosa di questo tipo l’avevo vista solo nei video porno. Eravamo troppi. Sinceramente mi sono schifato un poco, ma che dovevo fare? La carne è carne”. Cos’altro aggiungere? Agghiacciante.
Evidentemente, per costoro la mera violenza fisica non era sufficiente. Non era ancora abbastanza. La loro azione criminale doveva essere suggellata da un’egual violenza mediatica e di linguaggio. Orrore su orrore. Qualcosa di veramente disumano. Di vergognoso. Ciò non ha tuttavia evitato che fosse comunque riconosciuto un alto grado di tutela della privacy agli aggressori. Poco o nulla si sa infatti circa la loro identità. E ciò, nonostante la violenza sia stata accertata, documentata da un filmato che da giorni circola sul web, e per certi versi anche rivendicata dai membri del branco. Intendiamoci, gettare l’aggressore in pasto all’opinione pubblica non può e non deve essere la soluzione. Quindi, va bene tutelare la riservatezza dei carnefici, non fosse altro per salvaguardare di riflesso anche la vittima. Purché lo stesso grado di tutela venga garantito indistintamente a tutti, sia il medesimo in ogni occasione.
Ovvio si dirà, no? Mica tanto. Perché di fatto così non è. E non lo è stato, anche recentemente, vedi il caso di presunto stupro in cui sarebbe implicato Leonardo Apache La Russa. Così, giusto per fare un esempio. Nonostante la violenza in cui sarebbe coinvolto (il condizionale è d’obbligo) La Russa junior sia solo presunta, e non già accertata come nel caso dello stupro di Palermo, il figlio del presidente del Senato è stato gettato nel tritacarne mediatico ad ogni occasione utile. Di lui abbiamo imparato a conoscere tutto: vita privata, abitudini, profili social, e finanche di cosa si nutre e quante volte al giorno va a pisciare.
Beh, un trattamento un tantino diverso rispetto a quello riservato al branco palermitano, che fa emergere un fastidioso doppiopesismo che lascia spazio a non pochi interrogativi. Un dubbio, in particolare, sorge spontaneo: mica il trattamento riservato a La Russa junior é stato studiato ad hoc per colpire il padre Ignazio e di conseguenza Giorgia Meloni e l’esecutivo da lei guidato? Chissà. Magari si tratta di una semplice coincidenza, per carità. O piuttosto di un modo di pensare che indulge sempre al male, potrebbe anche darsi. Ma d’altronde, si sa, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina.
Salvatore Di Bartolo, 26 agosto 2023