Politica

La Salis torna a casa: ci mancava la visita ad Askatasuna

L’eurodeputata in visita al centro sociale di Torino: luogo che sforna violenza e illegalità

Ilaria Salis è personaggio patetico del genere monicelliano: una non riuscita a nulla, che per sue derive esistenziali finisce in carcere in un Paese ostile e inopinatamente trova il biglietto della lotteria, dalla galera in nome dell’antifascismo al falanesterio del capitalismo avanzato, finanziarizzato. E siccome ha scoperto che ci sta bene, prende a difenderne le contraddizioni e le nefandezze: in nome del pacifismo vota in favore del riarmo ucraino e incolpa il capo ungherese Orban di essere uno strumento del Putin esaltato dagli anticapitalisti trasversali dallo stalinista Marco Rizzo al nostalgico della “Decima” Roberto Vannacci che vanno insieme in tour. Ma in questo tempo liquido si può dire e fare tutto e il contrario di tutto e nessuno fiata.

Salis, la occupatrice, ha addosso un processo per tentato omicidio che finirà nel vento, ma non rinuncia alla sovraesposizione; siccome la vanità si basa sulla farsa dell’incanto, che è un modo elegante per non dire la massima di Wanna Marchi “i coglioni vanno inculati”, Ilaria la occupatrice, tra un bonifico e l’altro della Banca Europea si produce in dichiarazioni nostalgiche del comunismo guerrigliero, come quando incita alla lotta antifascista “con ogni mezzo” e chi vuol capire capisca. La lotta la fai al servizio della Baronessa Ursula? Dell’auto elettrica? Della sanità repressiva e finanziaria? Come no, è il solito entrismo leninista che destabilizzava la coerenza ma non il conto in banca. Ridicola o tragica, una come questa supplente quarantenne che ai bambini pretendeva di insegnare l’antifà? “Avete fatto un grande acquisto, Ilaria non vi stupirà e sorprenderà tutti” disse babbo Salis brindando all’elezione – problemi finiti, adesso si amministrano le proprietà – e, una volta tanto, era coerente. Non tanto sulla sorpresa, chè con una così tutto quel che puoi pensare è vero; ma che non deluda i coglioni, nel senso marchiano più che marxista, che l’han votata, non ci piove.

Ridicola o tragica, la nostra Salis? Diciamo grottesca; adesso visita, madonnina della sovversione, il centro sociale torinese Askatasuna che a dirla come va detta è una fucina di violenza e malaffare, uno di quei covi che andrebbero sbaraccati a norma di legge e invece misteriosamente li si tollera, misteriosamente per modo di dire, dietro il velo di un garantismo democratico del tutto pretestuoso e a sua volta coglione. Askatasuna si legge nuove Brigate Rosse, senza star lì a prendersi in giro, sono le sentenze che parlano, sono i precedenti: non c’è atto malavitoso da Torino in Valsusa e oltre che non li veda protagonisti, c’è tanto di struttura illegale ed eversiva che tutti conoscono e non pochi proteggono, ci sono i precedenti, le sentenze, le condanne. Basti leggere il libro di Francesca Totolo Emergenza antifascismo. Questi sono arrivati a pestare gli spacciatori nigeriani non perché spacciavano, ci mancherebbe, ma perché gli rovinavano la piazza, attiravano la polizia: in cosa diversi dalle logiche camorristiche nella Terra dei fuochi?

Ora, Ilaria Salis va lì. A riscuotere il suo trionfo. Va a prendere per il culo: compagni, io ce l’ho fatta anche per voi e non ho più bisogno di delinquere – 4 condanne definitive, 29 precedenti di polizia, un processo per tentato omicidio, novantamila euro sottratti e da restituire allo Stato -, però io non cambio, io lotto anche per voi. Ci va con la scorta, con l’aura europarlamentare di una istituzione che i compagni Askatasuna assalterebbero volentieri con metodi da Hamas. Ma adesso c’è lì con loro “una di loro” e tanto basta. Qui, ci perdonasse chi legge, la questione è proprio democratica, ha a che vedere coi limiti della democrazia; non la si può far passare nella cavalleria della libertà di espressione e di opinione, qui c’è un parlamentare europeo che bazzica un covo fuori legge, dove si predica, in modo buffonesco fin che si vuole, ma si predica la sovversione, l’abbattimento terroristico dello Stato e delle sue istituzioni, si passa appena si può all’azione armata e qui un esponente di quello Stato, di quelle istituzioni si palesa. Poi si può ridere, oscenamente, di tutto questo, all’italiana, si possono fare i meme sui social, ma la democrazia non si difende e non si rispetta così. Askatasuna è anche la patria di altri colleghi di Ilaria Salis, come quella insegnante che ai poliziotti sputava addosso i suoi rigurgiti avvinazzati e, interpellata, ribadiva: non sono pentita, gli auguro la morte, vanno uccisi, dobbiamo eliminarli. Lo Stato italiano tollera anche questo, ma non tollera chi dopo la centesima rapina si difende.

Askatasuna andrebbe sbaraccato, come altri covi delle estreme da destra a sinistra, che poi non lo facciano con la scusa di controllarli meglio possiamo pure fingere di crederlo, fatto è che diventa l’happening di soggetti pagati da tutti, rappresentanti della democrazia che vogliono abbattere “con ogni mezzo”. Ed è perdita secca di tempo stabilire di chi sia la colpa: Askatasuna è quello che è e resta in piedi in quanto tale, non è logico pretendere che sia altro così come Salis è chi è e chi la porta, chi la candida, e la elegge, è lo stesso.

Ma a destare sconforto non sono tanto i balordi e i fannulloni da centro sociale che Salis va a ringraziare, quella è la bassa manovalanza elettorale: sono le élite meneghine e sabaude, è la ztl milanese e piemontese che ha mandato al Bengodi europeo così e ce l’hanno mandata come fatua espressione di privilegio, del genere “noi possiamo, abbiamo una morale diversa, la morale degli impuniti”, nel segno di una irresponsabilità estetica miserabile ma non inedita: ai tempi del terrorismo rampante furono calcolati in almeno quattrocentomila quelli della “zona grigia”, gli opportunisti alla finestra, e in quarantamila quanti in funzione di appoggio esterno, che all’occorrenza ospitavano, nascondevano, facevano fuggire all’estero assassini e stragisti. Fu una delle vergogne somme della democrazia italiana, e ovviamente si è tramandata. La borghesia nostrana è forse la più immonda, insieme alla francese, la più parassitaria e miserabile, ha mandato nelle istituzioni politiche e culturali il fiore della feccia e oggi i suoi discendenti votano una che nella vita più che occupare case e predicare la lotta armata non ha saputo combinare.

Oggi una così raccoglie migliaia di euro al mese per dire e disdire, per fare il contrario di quanto dice. Una miracolata e una normalizzata in un Parlamento europeo che la ospita insieme a compari quali Mimmo Lucano, appena condannato a risarcire mezzo milione di euro per malagestione sui migranti, alla Carola Rackete, ad altri di questa nobile schiatta. Non è una vergogna nella vergogna? Ma la Ue sorride sinistra e protettiva, non preoccupatevi, non fanno male a nessuno, predicavano la morte del capitalismo ma cercavano il soldo e noi glielo diamo, e loro votano tutto quello contro cui fino a ieri predicavano. Se poi ogni tanto vanno a riverginarsi in un covo di malaffare, che male c’è? E invece c’è ed il male cattivo nel sangue della decenza e della democrazia. Askatasalis farà anche ridere, ma se lo vedi in controluce è una piccola indegna faccenda monicelliana non diversa dai Fedez cocchi della sinistra che gli dava gli Ambrogini d’oro mentre puntavano a fare affari coi boss da curva che dicevano “ci prendiamo Milano e poi anche Roma”.

Max Del Papa, 20 ottobre 2024

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