Un “effetto Schlein” c’è stato, è fuori di dubbio e lo dicono i numeri. Dopo la debacle elettorale alle politiche di fine 2022, il Pd era crollato intorno al 16% dei voti e se la batteva con il M5S. Oggi, dopo l’elezione del neo-segretario, secondo gli ultimi dati Tecné mandati in onda a Quarta Repubblica, i dem hanno risalito la china fino al 19,8% lasciando i grillini al 15,5%. Un balzo in avanti che però sembra essersi fermato. E che in parte appare lontano dalle aspettative di molti.
Il “problema” per Elly Schlein infatti si chiama Giorgia Meloni. Non solo perché Fratelli d’Italia – che alle elezioni prese “solo” il 26% dei voti – oggi è stabilmente intorno al 30%, ben quattro punti percentuali in più di prima che la leader diventasse presidente del Consiglio. Non solo perché con la Lega al 9% e Forza Italia all’8,2%, di fatto il centrodestra conserva un vantaggio quasi incolmabile per il centrosinistra. Non solo perché di alleanze con il M5S e i centristi di Azione-Italia Viva non si vede nemmeno l’ombra, rendendo di fatto impossibile la rimonta. Ma anche perché i sondaggi sul gradimento dei leader danno il senso di un Paese ancora ben contento di avere Giorgia Meloni alla guida del governo. E meno entusiasta per come Schlein sta invece gestendo l’opposizione.
I dati, sempre Tecné, sono chiari: il 53% degli elettori valuta positivamente Meloni (voti da 6 a 10) contro il 42% di delusi; percentuali diametralmente opposte quelle per Schlein, con “solo” il 30% di gradimento contro il 62% di voti negativi. Di certo avere le chiavi per l’ingresso dalla porta principale di Palazzo Chigi ha un suo peso: se lo ricorda bene Giuseppe Conte, che dalla stanza dei bottoni era arrivato ad un gradimento che oggi si sogna. Ma è pur vero anche che i primi mesi da segretario dem per Elly non sono tutte rose e fiori come era legittimo attendersi. Prima la scelta di battaglie di retroguardia che non hanno entusiasmato gli elettori, leggasi “famiglie omogenitoriali”. Poi gli scontri sull’utero in affitto, che piace a Schlein ma non a mezzo partito. Poi i tentennamenti sulle armi all’Ucraina, con Elly ultra-pacifista e un pezzo di partito attento a restare nell’alveo della Nato. Senza dimenticare le sconfitte alle amministrative, gli addii al partito, le accuse di aver centralizzato troppo il potere, le lettere dei deputati riformisti pubblicate sui giornali, il caos all’europarlamento sul Pnrr per le armi e la “circolarità contro la linearità” del termovalorizzatore di Roma.
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