In fondo, tutta la storia repubblicana ricade in questo meccanismo che, per paradossale che possa sembrare, si è espresso al meglio nel periodo della cosiddetta Seconda repubblica, quando la sinistra con la “gioiosa macchina da guerra” già pregustava la vittoria elettorale e, invece, arrivarono Forza Italia e Silvio Berlusconi a rovinare la festa e la presa per via elettorale del Palazzo d’Inverno e tanto bastò per far scattare subito la scomunica con l’uso del paradigma del fascismo/antifascismo. La sinistra da quale momento ha cambiato tanti nomi – Pci, Pds, Ds, Pd, Dem – ma ha sempre avuto la pretesa di detenere il monopolio del bene, impedendo così non solo la sua stessa evoluzione verso un sano riformismo, ma fortemente ostacolando anche il passaggio dalla “repubblica dei partiti” della Prima repubblica alla “democrazia dell’alternanza” della Seconda.
Proprio i sentimenti e i risentimenti di odio e di livore, che giustamente si desidera sconfiggere, hanno la loro prima radice in questa sub-cultura totalitaria in cui la sinistra dividendo l’anima italiana a metà come una mela tiene per sé il Bene e indica negli altri il Male. Ma il bene e il male non sono un sistema, una società, una chiesa, un partito, un governo, una commissione, un parlamento. Il bene e il male sono le nostre singole azioni con cui ora operiamo e ora pecchiamo. Sono la legge della nostra coscienza morale che nessuno Stato può “comandare”. Ma della natura libera della vita morale abbiamo perduto persino il ricordo, immersi come siamo nella cultura dell’odio con cui desideriamo delegittimare l’avversario usando le leggi di Stato. Che Dio ci perdoni l’uso immondo che facciamo della libertà.
Giancristiano Desiderio, 2 novembre 2019