Questo commento è ricco di osservazioni intelligenti e anche di critiche realistiche al nuovo fronte conservatore come si sta definendo nel mondo. Non convince, però, su un punto cioè nel considerare che la sinistra non vince perché non riprende la lezione dei Blair e dei Clinton: con tutte le cose importanti fatte dai due pur capaci leader occidentali, il fatto è che proprio con loro inizia quel processo di deresponsabilizzazione degli stati nazionali che prepara i nostri tempi. Così con il “basta con la politica estera serve solo un po’ di polizia internazionale”, così con il “basta con gli equilibri internazionali da costruire bastano le istituzioni sovranazionali”, così con il “basta a una regia delle singole economie pur basate su un rigoroso rispetto dei mercati, sarà la finanza globalizzata a risolvere ogni questione”.
È questa strategia che ha lasciato spazio all’egemonismo cinese esploso dopo il 2008, all’egoismo tedesco (con quasi sempre la Francia al traino) che ha destabilizzato Europa e Occidente, al fondamentalismo islamista che appena terminato il mandato di Clinton ha imposto il suo tributo di sangue dell’11 settembre e così via. Sono commentatori conservatori come Stephens, poi, che cercando di fatto di escludere una reale dialettica politica, hanno lasciato solo lo spazio per forme spesso rozze di reazione che, poi, però, è probabile, abbiano una concreta chance di evolversi, al contrario dell’affermarsi della pretesa di imporre un pensiero unico, che alla fine preclude ogni possibilità di alternative razionali.