Il Festival della canzone italiana di Sanremo è diventato negli anni un elemento dell’identità italiana. Ovviamente, è potuto diventarlo dopo che è stato “sdoganato” a sinistra, che fino agli anni Settanta considerava quelle del Festival solo banali “canzonette” atte a distrarre gli italiani dai problemi sociali e dalle offensive capitaliste. Roba da masse incolte non certo da intellettuali impegnati. È il più puro esplicitarsi del “dominio borghese”. Fino a che sotto vari impulsi, da quello dell’assessore alla cultura capitolina dei tardi anni Settanta, Renato Nicoloni (che di inventò l’ “Estate romana”) a quelli di Walter Veltroni direttore de L’Unità nei primi anni Novanta (si parla non a caso di “Veltroni sono”), a cultura pop fu accettata anche a sinistra. Beninteso, ad una condizione: che i protagonisti fossero allineati e trasmettessero un “messaggio” di “buoni sentimenti” o di “lotta contro le discriminazioni”.
Sanremo: fiera politicamente corretta
Poco alla volta, siamo così arrivati al Sanremo di oggi, che è la fiera del politicamente corretto più spinto e uno dei luoghi canonici ove si forma l’egemonia culturale nazionale. Suona perciò strano che ad affossare il Festival delle canzonette sia stato proprio un ministro della cultura che di quella varia galassia è eminente rappresentante. Prima di tutto risalta l’irritualità del suo intervento a gamba tesa su Twitter. Un intervento che la dice lunga sul rispetto delle istituzioni che hanno i rappresentanti di questo governo. E anche sul doppiopesismo o incoerenza morale di chi, da una parte, condannava Donald Trump, perché, si diceva, governava via social, e poi fa lo stesso. Si sa è il fine che giustifica i mezzi, e la salute ha ormai preso il posto come fine del “sol dell’avvenire”. In verità, lo spettacolo che stavano dando gli organizzatori non era edificante: le studiavano tutte da settimane per aggirare le leggi con stratagemmi e furbizie di piccolo cabotaggio, ma grazie all’ambiguità che si nasconde nelle pieghe di Dpcm e “faq attuative” (sic!) è molto italiano certo, ma segna anche uno scadimento morale ormai istituzionalizzato e codificato. Il legislatore ammicca, il cittadino conta sulla pratica del “chiudere un occhio”.
Franceschini vs Amadeus
Ma perché muoversi a un mese dall’evento, quando investimenti enormi erano già stati messi in moto? Perché non coordinarsi con il comune di Sanremo sin dall’inizio, visto che l’economia della città ligure ruota intorno al Festival? Ma anche questo del non rispetto che il governo uscente ha per gli italiani, soprattutto di quelli che lavorano, è un topos ormai acquisito. Inconsulta anche la reazione di Amadeus, il presentatore iperpagato, che non solo è sembrato considerarsi indispensabile e al di sopra della legge ma ha anche minacciato le dimissioni senza ovviamente darle.
Altra italianissima pratica di malcostume! Che succederà ora? Sicuramente si troverà una soluzione pasticciata, che scontenterà tutti e delegittimerà ancor più il nostro Paese agli occhi del mondo. Sanremo, anche in questo caso, è metafora dell’Italia. E il governo Conte-Franceschini in uscita, il peggio della nostra storia, fino all’ultimo non intende smentirsi.
Corrado Ocone, 29 gennaio 2021