Politica

L'elezione dei presidenti di Camera e Senato

La sinistra si legga (solo) queste frasi della Segre (e impari)

Il discorso della presidente provvisoria applaudito da tutti. Ma la sinisra

Già immagino nelle redazioni la corsa a ribaltare la scaletta e dedicare fiumi di pagine al discorso di Liliana Segre. Ci sono tutte le condizioni: nel suo discorso ha citato la Marcia su Roma, le leggi razziali, il 25 aprile, Giacomo Matteotti, la Costituzione nata dall’antifascismo “che dovremmo attuare”. Ha bacchettato chi vuole riformare la Carta (Meloni), invitato a tenere la “politica urlata” fuori dall’Aula, a non usare linguaggio d’odio. Insomma: un discorso più contro la destra che di unità nazionale. Per cui ci sono tutti gli elementi per un bel minestrone elogiativo che piace tanto ai giornali nostrani.

Ve li leggerete altrove, non qui, tanto rovesceranno fiumi di inchiostro. Noi al massimo potremmo far notare che un discorso così “politico”, visti i riferimenti alle Riforme e alle manovre economiche, potrebbe forse non spettare a un presidente provvisorio del Senato. Tuttavia, se fossi direttore di Corriere, Repubblica e La Stampa (e per loro e mia fortuna, non lo sono), ignorerei tutto e dedicherei l’attenzione ad una sola singola frase della senatrice a vita. Questa sì facile lezione di democrazia per chi, da giorni ormai, non riesce a smaltire la bile per la vittoria del centrodestra alle elezioni.

Che poi la Segre non avrebbe detto neppure niente di particolare. Almeno non lo sarebbe in un Paese normale. “Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso. È l’essenza della democrazia”. Fine. Punto. Claro? “La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione”. Tradotto: qualsiasi cosa abbiano scritto i cronisti impegnati, tipo il ritorno del fascismo, l’onda nera, il pericolo democratico e diavolerie varie, sono boiate. Ogni democrazia si fonda sul principio semplice che gli elettori scelgono e chi vince governa. Punto. Fine. Capito? Non ci sono partiti di governo per diritto divino, non ci sono letture dalla politica più o meno legittime, non c’è alcun rischio di deriva antidemocratica.

Sarebbe anche carino, aggiungiamo noi, se tra due anni non ci ritrovassimo al governo partiti usciti perdenti dalle urne. Purtroppo capita spesso, e quasi sempre per riportare il Pd al potere. È arrivata l’ora di finirla, motivo per cui qualche riforma costituzionale non farebbe male. Ma forse questo è chiedere troppo.

Giuseppe De Lorenzo, 13 ottobre 2022

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