Erano solo elezioni comunali, ed è successo tutto quel che è successo. Cosa ci sarà da aspettarsi ora che l’agenda politica segna appuntamenti di rilevo e che possono veramente delineare il quadro politico futuro per i prossimi lustri? Quello a cui abbiamo assistito nelle due ultime settimane, proprio sotto elezioni, è stato un gioco sporco, spudorato, profondamente incivile, di cui non si aveva contezza dai tempi forse delle elezioni del ‘48. Solo che allora c’erano in gioco equilibri epocali e geostrategici e a giocare sporco furono un po’ tutti gli attori in campo. Oggi invece che dovremmo essere, a settanta e passa anni di distanza, in un clima di civile competizione democratica fra forze mature che si dividono sui progetti del futuro, abbiamo assistito a un rigurgito di quel fanatismo con una sola e unica “matrice”, per restare in tema.
Ad agire è stata infatti quella sinistra che non ha mai fatto i conti, essa sì, col passato ma che col passato gioca per delegittimare moralmente l’avversario, annichilirlo, ridurlo al silenzio. La sinistra che è oggi un partito che si definisce democratico ma che nulla ha a che vedere con la saggezza e attenzione al bene comune (cioè la coesione del tessuto civile) che dopo tutto ebbero i vecchi comunisti e persino Palmiro Togliatti. Il quale, come è noto, non epurò gli esponenti del vecchio regime ma anzi lavorò a quella “pacificazione nazionale” che era nell’interesse di tutti (e poco importa che lo facesse spontaneamente o su indicazione di Mosca). La sinistra che significa un insieme di interessi e mentalità che intrecciano i mondi della politica, del giornalismo, di (certa) magistratura, persino di settori dell’apparato dello Stato. E che, in verità, bisogna dirselo, non ha mai sopportato l’avvento di Mario Draghi a Palazzo Chigi, che era garantita di più da Giuseppe Conte (messo in sella anche lui con uno spudorato gioco di palazzo) e che farà di tutto per estromettere gli incomodi coinquilini che si trova ora in maggioranza.